Le cose andranno così. Fidati.
Comincia tutto con i cartoni dell’acqua.
1.
Che stai entrando nel tunnel del melodramma, lo capisci solo quando ti ritrovi a fissare inebetito i cartoni dell’acqua.
Elena ti ha lasciato da un mese, ma tu, di questa nuova condizione, hai visto solo i lati positivi: dopo due anni in coppia, di nuovo, sei libero. Puoi tornare a circuire lettrici, poetesse e artistoidi in genere, sfruttando la tua fama di pluripubblicato scrittore.
Un attimo prima di entrare nel tunnel, sei seduto su un muretto in posa rilassata ma rapace. Hai il tuo giubbotto stile Supergrass, l’iPod nelle orecchie, gli occhiali scuri. Stai aspettando una giovane e procace fumettista.
Molto giovane.
E molto procace.
Dovete incontrarvi per discutere di un possibile progetto comune, tu sceneggi, lei disegna, bla, bla. Tra una sceneggiatura e un disegno, ti aspetti altri sviluppi dalla collaborazione. Dopotutto, sei libero. Non hai più Elena a casa. Non hai legami. Non hai nessuno.
Solo, mentre aspetti la giovane e procace fumettista, ti passa davanti una coppia che, a sorpresa, ti scioglie. Due ragazzi sui venticinque anni. Lei molto carina. Lui meno. Considerazioni soggettive.
Lei ha in mano i sacchetti della spesa. Lui sta portando i cartoni dell’acqua. Uno per mano. Sei bottiglie. Lei sorride. Lui meno. Ci credo, pensi, li ho portati anch’io i cartoni dell’acqua, lo so quanto pesano.
Si fermano davanti a un portone. Lei appoggia i sacchetti, cerca le chiavi. Poi spariscono nell’androne, con i loro sacchetti della spesa e i loro cartoni dell’acqua. Non si accorgono di uno sconosciuto col giubbotto dei Supergrass, gli occhiali scuri, l’iPod, seduto su un muretto in posa da rapace, uno che non sta aspettando di venir condotto ai lavori forzati, ma che, al contrario, di lì a pochi minuti starà facendo il brillante e lo splendido davanti a un Negroni con una bellissima, profumata e scollacciata fumettista. Ecco, non si accorgono di uno sconosciuto che – con sua grande sorpresa – li sta guardando con una punta d’invidia.
No, no, dai, pensi a quel punto. No, no, dai, non posso ridurmi così, non posso invidiare una coppia che sta portando su in casa i cartoni dell’acqua.
Che me lo ricordo, pensi, me lo ricordo di quando abitavo con Elena e portavo su per le scale i cartoni dell’acqua comprati dal pakistano, di quando a ogni gradino imprecavo contro il peso specifico dell’acqua e l’universo in generale.
Che, pensi, ne sono certo, se dovessi tornare con Elena, ancora mi ritroverei a imprecare a ogni maledetto gradino contro quei cartoni dell’acqua che sembrano piombo.
Se non andremo ad abitare in una casa con l’ascensore.
Pensi subito dopo.
Poi pensi che, se non esci subito da quel tunnel, il prossimo romanzo che scriverai sarà una mattonata sulle meraviglie della convivenza e della divisione dei compiti, lei che cucina, lui che lava i piatti, sulla gioia che si prova nel vedere le proprie magliette stese ad asciugare sul balcone, e dopo i tuoi fedeli lettori digeriranno orripilati la mattonata mortale finendo per organizzare un harakiri collettivo sui forum letterari. Solo alcuni sostenitori incrollabili cercheranno di difendere la mattonata, diranno: Ma no, ma dai, ma non capite, è ironico, è tutto ironico, cerca di far passare una metafora, non capite? e poi c’è un sottotesto evidente, questo capitolo lunghissimo, per dire, questo capitolo lunghissimo su lui e lei che preparano una torta insieme sorridendo e scambiandosi bacetti affettuosi, ecco, è una citazione di Country Pie di Bob Dylan, non capite?
Così diranno i tuoi sostenitori incrollabili, prima di crollare e scoppiare in un pianto dirotto.
Con quegli occhi acquosi e tristi sui cartoni dell’acqua, hai scoperto che Elena ti manca da morire. E che nel tunnel del melodramma ci sei entrato a piedi uniti e piombo alle caviglie, caro mio.
2.
Il secondo passo nel tunnel della follia e del melodramma si suddivide in un numero imprecisato di notti passate al computer. Parte di queste notti la passi a spostare le foto di Elena in una cartella, poi a rimetterle in un’altra cartella, poi a spostarle nella cartella precedente.
Ma, soprattutto, la passi a cercare di entrare nella sua posta elettronica.
Sì, lo sai benissimo, è una cosa brutta entrare nella posta elettronica degli altri, certo, anzi, è un reato, sì, ma tu devi sapere. Devi sapere cos’è successo, devi sapere come sono andate le cose. Perché ti hanno detto che l’hanno vista a un concerto con un altro, e tu devi sapere chi è, quell’altro, dove l’ha conosciuto, se hanno iniziato a vedersi quando ancora stavate insieme o no. E cerchi di scoprirlo leggendo le sue mail.
Tu, le mail, le cancelli tutte dopo un giorno o due. Elena non le cancella mai. I vostri primi approcci sotto forma di lettere elettroniche, di trepidazione nell’attesa della risposta, di lunghe esitazioni sul tasto invio, lei ha conservato tutto. Potresti scoprire ogni cosa. Potresti sapere cos’è successo esattamente, come e quando ha iniziato a vedere questo tizio sconosciuto. Si saranno scritti, oppure, si sarà confidata con le amiche. Puoi scoprire tutto.
Solo, per leggere la posta elettronica, devi avere la sua password.
La conoscevi, una volta, la password. A volte ti incaricava di controllare la sua posta, che tanto lei non aveva niente da nascondere. Era Fujiko85, la sua password. La ragazza di Lupin III e il suo anno di nascita.
Dopo che vi siete lasciati, naturalmente, Elena ha cambiato la password. E tu le hai provate tutte per trovare quella nuova, perché il grado di conoscenza di un’ex fidanzata, secondo te, si misura dal tempo impiegato nell’indovinare la sua password.
Tu ci stai provando ormai da un mese.
È intelligente, Elena, e sa che tu sei intelligente. Sa che potresti indovinare anche parole insospettabili. Si è cautelata.
Nel cuore di una delle varie notti, ti viene un’idea brillantissima: il servizio recupero password!
Hai smarrito la password?, ti chiede il computer dal suo schermo brillante. Sì!, dici tu. E aspetti, tesissimo, di vedere cosa succede.
La domanda di sicurezza.
C’è una domanda di sicurezza.
E la domanda di sicurezza che ha impostato Elena recita: chi è Pierugo?
Pierugo?
Il cane di Fantozzi? Quello del ristorante giapponese?
Le provi tutte, per sbloccare quella maledetta domanda di sicurezza. Compagno di scuola. Primo fidanzato. Primo bacio. Gatto. Cane. Cane di Fantozzi. Cane della signorina Silvani. Cane cucinato al ristorante giapponese. Vicino di casa. Maestro elementare. Nulla. La password non salta fuori, ma tu continui a provarci notte dopo notte.
Zio. Cugino. Soprannome dello zio. Soprannome del cugino…
Notte, dopo notte, dopo notte.
3.
Poi ti ritrovi a sperare nella morte dei tuoi nonni, e quello, indubbiamente, è: il terzo passo nel delirio.
A quel punto, con un complicato sistema di spionaggio di amici di amici, hai saputo tutto. Elena sta con un certo Dario. Non solo: ha disdetto il suo contratto d’affitto per andare a vivere da Dario. Per cui, pensi, per lei sarà complicato ritornare con te. Anche quando avrà capito che Dario è stato solo un capriccio momentaneo e che è con te che vuole veramente stare, esiterà a fare il passo: dopotutto, è da Dario che vive. E tu non potresti ospitarla perché hai disdetto anche tu il contratto d’affitto, ma non per andare a vivere con un’altra, bensì per tornare da tua madre perché, come dire, i soldi per l’affitto non riuscivi più a farli saltar fuori.
Se morissero i tuoi nonni, però, tu di colpo avresti una casa. Una casa dove accogliere Elena dopo la sua fuga in lacrime da casa di Dario e dove ricominciare la vostra vita insieme.
Certo, pensi, sarà un po’ inquietante fare quei simpatici giochetti che tanto apprezza Elena – tipo legarla alla testiera del letto con la sua sciarpa di seta dopo averla bendata, cose così, niente di infinitamente fantasioso – sul letto in cui tuo nonno e tua nonna hanno dormito per cinquant’anni, dove tuo nonno ha sbrigato i suoi doveri coniugali – tue congetture – in rigorosa posizione del missionario, dove hanno messo al mondo tuo padre, dove si sono scambiati pareri sul referendum per il divorzio e sulla strategia della tensione e sul G8, dove si sono confortati a vicenda il giorno prima di una biopsia, dove per tutto quel tempo hanno aperto gli occhi rigorosamente alle sei del mattino per cominciare la loro giornata sempre uguale da anziani sposi.
Ti toccherà svecchiare la stanza con qualche poster dei Pearl Jam. Sdrammatizzarla con la sagoma in cartone di Superman a grandezza naturale.
Così, quando sarai in ginocchio sul letto che ha accolto i tuoi nonni per mezzo secolo ed Elena sarà davanti a te a quattro zampe sul piumone di Star Trek – con il quale avrai sostituito il triste piumone bianco di tua nonna –, quando starai stantuffando Elena da dietro tenendole i fianchi, se magari proverai un pelo d’inquietudine all’idea di scopare a pecorina nella stanza nuziale dei tuoi nonni, guarderai quel rassicurante Superman di un metro e ottantacinque.
E, di nuovo a tuo agio, spargerai il seme.
4.
Il quarto passo nel mondo della follia è l’elaborazione precisa e dettagliata della vostra prima notte insieme nella casa dei vostri nonni. Che, per inciso, stanno benissimo e non hanno alcuna intenzione di agevolare i tuoi piani, ma questi sono dettagli.
Nella tua fantasia, sarete sul letto tra il poster dei Pearl Jam e il cartonato di Superman. Tu sarai sopra di lei, le starai sbottonando la camicetta, lei ti starà allentando la cintura. Sarete febbrili e giocosi, ansiosi di spogliarvi ma desiderosi di non correre, di far montare le cose, che tanto non ci sarà nulla al mondo, tranne l’improvvisa esplosione della Terra, che potrà impedirvi di fare l’amore.
Dimmi una cosa, dirai ghignando e slacciando l’ultimo bottone.
Sentiamo, dirà lei sbottonandoti i jeans.
Dov’è stata la prima volta?, dirai sfilandole la camicetta dal braccio sinistro.
La prima volta quale?, fingerà di non capire lei cercando la tua zip.
La prima volta che l’avete fatto, dirai sfilandole la camicetta dal braccio destro, tu e Dario, dov’è che l’avete fatto, la prima volta?
Perché lo vuoi sapere?, si irrigidirà un po’ lei armeggiando ancora sulla tua zip.
Poi te lo spiego, insisterai sorridendo, dimmi solo dov’è stato.
In agriturismo, dirà lei un po’ rassicurata, un agriturismo in Umbria, ora dimmi perché volevi saperlo.
Molto bene, dirai tu gettando la camicetta di lato, ti ricordi bene il nome dell’agriturismo, l’indirizzo, magari anche la stanza?
Certo, dirà lei che sotto sotto starà cominciando a incuriosirsi.
Ottimo, dirai tu sganciando il reggiseno alla cieca e con due dita forte di anni di esperienza, ottimo, allora sai cosa facciamo? facciamo l’esorcismo.
Cioè?, chiederà lei, inarcando la schiena per aiutarti nell’operazione.
Cioè, sogghignerai diabolico, noi ce ne andiamo tre giorni in quello stesso agriturismo, se possibile nella stessa stanza, e per tre giorni scopiamo ininterrottamente sera, notte, mattino e pomeriggio, cioè scendiamo solo per mangiare, in pratica, e per il resto ce ne stiamo nella stanza a scopare ininterrottamente finché non abbiamo esorcizzato questa cosa trascurabile che è successa tra te e Dario, che ne dici?
Lei a questo punto riderà apertamente, ma, con una sfumatura eccitata e compiaciuta negli occhi, dirà: Ma figurati, se ben ricordo è già molto se riesci a farlo tre volte in tre giorni, hai iniziato a usare il Viagra?
Non ho bisogno di usare il Viagra con te, dirai senza mentire avendo assunto una compressa di Cialis mezz’ora prima.
Sei un porco, sussurrerà lei completamente sedotta dal tuo progetto, il respiro mozzato, prima di aprirti la bocca con un bacio violento e di ficcarti la lingua in gola.
Questo è il piano preciso, che elabori dettaglio dopo dettaglio giorno dopo giorno.
5.
Il quinto passo nel melodramma si realizza un anno e mezzo dopo.
Sei nel tuo studio, nell’appartamento che hai affittato dopo che un produttore ha comprato i diritti di un tuo romanzo. Hai il computer acceso e stai guardando un certo profilo di Facebook. Il profilo di una fanciullina che si dichiara tua ammirata lettrice, che darebbe qualsiasi cosa per incontrarti e che dalla foto del profilo sembra anche molto ma molto carina.
Hai due possibilità.
Puoi risponderle gentilmente ma in modo un po’ preclusivo, dirle: Grazie dei complimenti ma incontrarci farebbe abbastanza arrabbiare la mia fidanzata, sai com’è, conviviamo.
Oppure glissare su quel fatto della fidanzata e scriverle, mentendo: Di dove sei? di Parma? benissimo, devo proprio passare da Parma nei prossimi giorni.
Tendi l’orecchio.
Elena è di là che si asciuga i capelli, e il rumore del phon ti assicura che non piomberà nello studio da un istante all’altro. Gli unici testimoni del tuo possibile aggancio alla bella fan di Facebook sono la vostra gatta e Pierugo, il peluche di Elena da bambina.
Mediti un istante.
Ti passano per la mente varie cose. Non hai dimenticato nulla: ti ricordi la fitta di dolore nel fissare i cartoni dell’acqua, i tuoi nonni, le notti a cercare la password, ti ricordi tutto, ma ora le cose sono finite bene, tu ed Elena abitate insieme, hai di nuovo un conto in banca con tre zeri, e quelle cose ti sembrano remote e lontanissime.
Devo proprio passare da Parma nei prossimi giorni, digiti, magari possiamo bere una birra insieme.
Invii. Chiudi Facebook.
Tu non farai mai la spia, dici alla gatta che ti guarda perplessa in cima alla sua lettiera.
Un po’ testa di cazzo ti senti, a dir la verità. Ma sarà sufficiente andare di là, sorprendere Elena solo con l’accappatoio addosso, toglierle l’accappatoio, rotolare sul letto, e poi dirle a cose fatte: Sai, mi hanno fissato una presentazione a Parma, quand’è che lavori tutto il giorno? mercoledì? eh, devo andare a Parma proprio mercoledì.
E ti sentirai già meglio.
Dici che non andrà così?
Ne parliamo tra un anno e mezzo.
Testa di cazzo.