Quando verrai
Autore: Laura Pugno
Casa editrice: Minimum Fax
Pagine: 123
Eva vive in una roulotte, collocata in uno spazio imprecisato sul territorio: vicino al mare, vicino al delta, vicino al bosco (sono le uniche indicazioni che abbiamo), un luogo che non è centro, è margine. Vive con la madre Leila, malata di un male generico che, se non è impegnata sessualmente con Stasi, un venditore del mercato vicino, è perennemente imbambolata davanti a una pasta scotta, poco condita.
A undici anni Eva viene rapita da Ethan, un uomo che, come lei, ha la pelle macchiata, erosa, sensibile. I due condividono un potere malsano che li lega nel destino. Tema che insieme alla morte, alla decadenza, fa da padrone all’interno di Quando verrai.
La lingua di Laura Pugno è essenziale: come uno scheletro arrugginito sorregge questa storia senza saziare mai il lettore, nutrendolo quanto basta pagina dopo pagina con pochi aggettivi e nessuna compiacenza linguistica. È uno stile in equilibrio con il corso degli eventi, calibrato sugli stessi. Si procede per privazione, sia nei rapporti che nella scrittura si percepisce una mancanza costante. Eva non ottiene mai l’affetto, il contatto sperato, né dalla madre, che quasi teme di essere contagiata dalla presunta psoriasi della figlia, né da altri. Se Eva riceve attenzioni sono solo molestie: di Stasi, di un ragazzo alla sala giochi. Così, pure i dialoghi, spesso basati sulle omissioni e i sottintesi, pur valorizzando l’atmosfera onirica e fantastica della narrazione, rischiano di appiattire i personaggi che si ritrovano ad avere solo un abbozzo di storia passata e poca credibilità nel presente.
Il lettore comunque è stimolato a proseguire con morbosità. La bravura dell’autrice sta proprio nel riuscire a farlo empatizzare con la protagonista anche nei momenti più orrifici e in quelli più desolanti. L’esemplare corsa nel bosco e la bambina lungo l’autostrada mano nella mano con il guardrail sono solo due campioni di una più numerosa gamma di immagini molto riuscite. Alcune di queste hanno il sapore della denuncia sociale, ma l’autrice, giustamente, non indugia per impietosire il lettore, ma lo conduce attraverso lo spazio mostrandogli un mondo esasperato e sgradevole nel suo essere periferico.
La struttura però risulta sbilanciata sul finale, dove tutta l’aspettativa accumulata nella prima parte del romanzo viene delusa per la troppa velocità nel risolvere la trama. L’ottimo potenziale linguistico e, soprattutto, tematico (Eva scopre la morte, e lo fa molto presto, nella prima adolescenza), non viene così sviluppato a sufficienza, relegando Quando verrai a una lettura piacevole ma di poca rilevanza sulla lunga distanza. Non sarebbe stato male sapere qualcosa in più sul potere ancestrale di Eva, sui suoi simili e su tutta quella vita che si svolge ai bordi di un’autostrada.
Giulia Ottaviano