La gioia piccola d’esser quasi salvi
Autore: Chiara Valerio
Casa editrice: Nottetempo
Pagine: 255
Quali sono le costanti che ci accompagnano per tutta la vita? Chiara Valerio in La gioia piccola d’esser quasi salvi ha le idee chiare: il dolore e l’incomprensione. Tutte le figure femminili del romanzo, appartenenti a diverse generazioni, sembrano sobbarcarsi il peso di questi mali, che inevitabilmente influenzano i rapporti interpersonali. Il suicidio di una madre per motivi mai chiariti rende il mondo di chi sopravvive un inferno: così la vita di Giulia, cresciuta dalla nonna Agata, è un susseguirsi di eventi che non riescono a renderla felice; allo stesso modo Marco, amico d’infanzia, vorrebbe l’amore impossibile di Giulia e nel frattempo si consola con Leni, prostituta di buon cuore, che nega il suo amore a tutti finché non incontra Giulia, che conquista la sua parte buona. Cardine attorno a cui ruotano tutti questi personaggi è la nonna Agata, l’anziana che ormai ha pochi momenti di lucidità e mescola la realtà con immagini dantesche o tratte dall’Iliade.
Chiara Valerio ci propone dunque una storia di rapporti tormentati e lo fa con una scrittura lineare e a tratti lirica, tesa a svelarci la poesia dei piccoli particolari, quasi fossero l’unico baluardo per rendere accettabile un’asfissiante vita di provincia: “Quando aveva riaperto gli occhi era seduta sul divano e intorno c’erano molte persone. Giulia non aveva mai visto tanti cappelli tutti assieme, ma non era curiosa. Avevano pantaloni con bellissime strisce rosse, tute arancione fosforescente, la nonna era vestita come al solito, ma sembrava sporca. Invece si era solo tinta un ciuffo di bianco e la camicia che Giulia ricordava verde era rosso ruggine.” Gli intertesti di riferimento sono Carver, David Leavitt di La lingua perduta delle gru e Michael Cunningham di Carne e Sangue. Questo minimalismo si rispecchia nelle tematiche affrontate: l’omosessualità, la prostituzione, il confronto con la morte e con l’infanzia; tutto è accennato e lasciato a intendere. La rarefazione delle immagini, il potenziale nascosto dei particolari e degli oggetti, diventano allora la chiave interpretativa del romanzo.
Di particolare rilevanza sono le figure femminili: il rapporto intimo fra donne di generazioni diverse è ben rappresentato. Inoltre, tutte queste donne di diverse età potrebbero benissimo essere la stessa persona: si può ritrovare in loro la stessa pervicacia nella ricerca di un modo per uscire da una vita non più sostenibile, di trovare a testa bassa la propria via per lasciarsi il passato alle spalle ed essere quasi salve.
Uniche pecche del romanzo: nei tanti momenti in cui a parlare sono bambini di dieci anni, si continua a utilizzare un tono e un vocabolario appartenente a trentenni e si crea così una confusione interpretativa fra i piani temporali del presente e del ricordo; inoltre, la figura della prostituta Leni, di buon cuore ma costretta da cause di forza maggiore a fare “la vita”, è decisamente troppo stereotipata, già vista nei molti film o romanzi che trattano lo stesso tema.
Mattia Filippini