L’eroe dei due mari
Autore: Giuliano Pavone
Casa editrice: Marsilio
Pagine: 299
L’eroe dei due mari, esordio narrativo del giornalista Giuliano Pavone, è un affresco corale di personaggi che ruotano intorno ad una incontrastata quanto sfortunata protagonista: la città di Taranto, città dei due mari e del ponte girevole, città a suo modo bella ma avvelenata dalle contraddizioni quanto dall’inquinamento della centrale siderurgica più grande d’Europa. Il fil rouge utilizzato per descrivere lo spirito più sincero di Taranto e il legame della città con i personaggi e dei personaggi tra loro, è l’elemento aggregante per eccellenza dell’italiano tipo: il calcio. Pavone mette nel calderone una porzione di Sud da sempre in cerca di rivalsa e una squadra di calcio a cui da secoli manca la spinta giusta per ottenere risultati, poi aggiunge un campione di calibro internazionale, l’attaccante brasiliano dell’Inter Luìs Cristaldi, che, per tenere fede ad un incredibile voto, decide di giocare gratis per una stagione nella suddetta squadra di C1, ripescata miracolosamente in B e all’improvviso proiettata verso la serie A, al centro dell’interesse mondiale per la prima volta nella sua storia.
L’entusiasmo della popolazione tarantina, che intravvede la possibilità di elevarsi al di sopra dei suoi problemi, si mostra al lettore attraverso il riflesso luccicante dell’esperienza di un campionario esemplificativo di tipi umani diversi: dal sindaco digiuno di calcio, all’usciere nullafacente che diverrà il suo più fidato consigliere; dagli inviati di importanti testate giornalistiche e sportive assetati di scoop, ai giornalisti locali in cerca della grande occasione; dalla tifosa «malata di Taranto» legata all’uomo sbagliato, al disoccupato depresso che non crede più nemmeno al rito purificatore del sacro fuoco calcistico.
Per il primo centinaio di pagine la mistura narrativa composta da Pavone non convince del tutto: gli ingredienti non si amalgamano così bene da conquistare completamente il lettore, si percepisce una sorta di artificiosità di fondo che probabilmente deriva anche dalla necessità di far convivere insieme tante voci e caratteri diversi, tante situazioni, umori e colori.
Poi, però, qualcosa cambia, la storia comincia a farsi coinvolgente, a configurarsi come qualcosa che appartiene a tutti. Può accadere a pagina 113, al richiamo di quel «Borghetti!» che in tanti abbiamo sentito urlare, fuori dallo stadio, prima di una partita e che riporta alla mente un humus di emozioni e sensazioni che non possono appartenere solo al singolo, ma fanno parte di un patrimonio preziosissimo e condiviso. È allora che ti approcci a L’eroe dei due mari con uno spirito diverso: la metafora del calcio non sembra più un modo scontato di descrivere la realtà del nostro Paese; andando avanti la favola tarantina si tinge di connotazioni più mature, affrontando con perizia tanto la piaga delle morti bianche quanto le modalità di comunicazione più efficaci per risvegliare le coscienze, fino all’emergere di misteriose trame dei cosiddetti «poteri forti», complotti in grado di spazzare via in un colpo solo tutti i sogni di gloria e ottimismo, nel calcio come nella vita.. Il bel sogno di Taranto si risolve in un incubo fatto di inganni e bugie, ma proprio quello che sembra essere il punto più basso mai toccato rappresenta invece il banco di prova che fa riaffiorare le passioni e i sentimenti più genuini, al di fuori del chiasso mediatico e delle forzature sensazionalistiche dal sapore di reality show. Sprofondare nell’abisso per poter ricominciare, riappropriandosi del vero significato di un amore, calcistico e non: il romanzo decolla configurandosi come una commedia amara di altri tempi, capace di descrivere il reale senza affettazione o senso del ridicolo.
La parabola del vincere a tutti i costi crolla sulle sponde dei due mari e i veri eroi risultano essere i perdenti, gli sconfitti, i provinciali. La Caporetto calcistica del Taranto Sport che non perde il sostegno dei suoi tifosi più affezionati è il vero lieto fine di questa storia. Una storia che non è perfetta, come perfetto non è il mondo del calcio o la vita. Vale la pena leggere questo libro, a prescindere dal fatto che si ami il calcio o meno, perché, prima o dopo pagina 113, non importa, la magia che unisce l’individualità del lettore al potere catartico della finzione narrativa farà scattare qualcosa.
Elisabetta Pasca