Autore: Francesco D’Isa
Casa editrice: Effequ
Pagine: 208
Cara Anna,
questa recensione, in forma di lettera, è un tentativo per parlare a te della tua storia: la storia di un palindromo.
Da dove comincia, questa storia? E dove va a finire? Difficile dirlo. In fondo sta nella natura del palindromo, portarci in quel luogo in cui la fine coincide con l’inizio. Così, leggendoti si ha l’impressione che il tempo dell’amore sia un tempo circolare. Un paesaggio cerebrale dove gli amanti si rincorrono, come nella ruota di un criceto: un posto in cui scappare equivale a tornare.
Anna ed Ezio. La paziente e il neurochirurgo. Lei ha un angioma, lui è lì per asportarlo. Fino a qui, tutto bene. C’è qualcuno da salvare. C’è il salvatore. C’è un tumore, ma è benigno. Come un trauma consumato – lo stupro di Anna –, vomitato e lasciato lì a marcire, in attesa che qualcuno ce lo tolga di torno: l’asportazione dell’angioma è un rito di passaggio, funzionale all’innamoramento dei due.
Fino a qui, appunto, tutto da manuale. Perché questo amore sembrerebbe progressivo, lineare. Destinato a nascere, a crescere, ad allungarsi verso un punto (che sia di fuga o di morte). Ad avanzare.
Ma poi c’è l’errore umano. Compiuto per mano divina, dal dio neurochirurgo. Da questo momento, nulla è più come prima: la ragazza non riesce più a parlare del suo passato; e quando lo fa usa il linguaggio dei sogni, che è sospeso – né trascorso, né presente – come un dubbio latente. È avvenuto? È immaginato? Come può amarti Ezio, se non può sapere chi eri?
Francesco D’Isa, artista visuale al suo primo romanzo, affida questa domanda alla solitudine dei due.
Zweisamkeit: «duitudine», in tedesco.
L’unico modo che abbiamo di amarci. Senza mai conoscerci davvero, senza mai penetrarci. Il completamento in amore è una direzione illusoria. Anche la matematica ci viene in soccorso: 1+1 non fa Uno. Nel Due è l’essenza dell’amore, nella difficile arte dell’accostarsi.
E allora la missiva è l’unico dialogo possibile. Un messaggio che attende risposta, un’esca fragile ed esposta sul pelo dell’acqua. Tante sono le lettere inviate da Ezio, poche quelle scritte da Anna – Cara Anna, «tutti gli inizi andrebbero scritti alla fine», «partire è un po’ morire, morire rimane morire», «se per vivere ci vuole coraggio, per amare bisogna essere eroi»; Caro Ezio, «arrivo» – eppure l’orizzonte è il solo punto di approdo condiviso, il mare in cui vanno a perdersi le nostre missive. Senza responsi, senza responsive. In questo mare il pensiero tende a proliferare, a moltiplicarsi, a spiegarsi quando non è necessario, a sezionare ancora, e ancora ad affondare. Talvolta la storia rischia di diventare il pretesto: fondale del soliloquio mentale di Ezio, che pure è sostenuto da un fine ragionare di filosofia, di arte, di reale e di surreale.
D’Isa dipinge un quadro dell’innamoramento dove ogni dettaglio è in equilibrio precario, sta per crollare. «Perché il mondo era piatto, e al suo limite estremo era possibile ammirare l’orribile spettacolo del cosmo, il nero mugghiante e profondissimo, le luci lontane, gli sterminati abissi in ogni direzione. E quelle creature immense! Denti, tentacoli, gonfiori, lapilli d’occhi e gengive, montagne di carne aliena, oceani di squame di perla, catastrofi di colore che vorticano senza scampo, e loro laggiù, in bilico, imperfetti e deboli, soli, solissimi, come unica gioia il dubbio onore di essere gli spettatori di uno spettacolo senza senso».
Cara Anna,
questo è l’unico modo per leggerti e per amarti.
In bilico, sulla striscia di terra che frana nel vuoto dell’infinito.
Quando dici: «E Adesso?»
Adesso tocca avanzare. Che se ci pensi è una specie di palindromo. Per un verso significa «andare», per l’altro è uguale: significa «restare».
Chiara Zingariello