Autore: Stefano Sgambati
Casa editrice: minimum fax
Pagine: 279
Parte subito bene il romanzo di Stefano Sgambati, con un incipit dal ritmo incalzante che invoglia a capire e scoprire, e con una scrittura che si intuisce già ricca e impegnata a evitare qualsiasi rischio di risultare banale.
Peccato che le premesse iniziali non siano del tutto rispettate.
Gli eroi imperfetti («Gli eroi si sposano e poi tornano a casa insieme, rimanendo zitti durante la salita in ascensore. Questi sono gli eroi, gli stakanovisti della vita») è un romanzo ambientato durante la temuta e ormai storica piena del Tevere del dicembre 2008 e che vede almeno quattro protagonisti: Gaspare, un uomo che non si fa certo amare per simpatia e che possiede un negozio in cui vende cornici; sua figlia Irene, che, succube del padre, dirotta la propria esistenza verso alcol e sesso disimpegnato; Matteo, che di lei è innamorata e di professione fa il libraio; Corrado, vinaio travolto insieme alla moglie dal passato di Gaspare.
Il motore del romanzo è una cena a casa di Corrado e della moglie, dove tra gli invitati ci sono una coppia (che abbandonerà ben presto la serata) e Gaspare, conosciuto da Corrado nel suo negozio. Dopo che la padrona di casa racconta un episodio inquietante della propria infanzia, Gaspare confessa un segreto ben più inquietante destinato a sconvolgere i giorni a venire sia di Corrado che della sua consorte: la morte anni prima della moglie, il cui corpo venne rinvenuto nel Tevere.
Ed è proprio intorno al rinvenimento del cadavere che si intrecciano tutti i fili che legano i personaggi del libro (tranquillizziamo i lettori che non amano tributare il genere: il romanzo in questione non è un giallo).
Sgambati insegue l’originalità stilistica e la cerca facendo un uso massiccio di similitudini e di metafore, a volte riuscite («Nel piazzale le teste delle persone si muovono come lenticchie a mollo»), altre meno («Le bollicine scendono per la gola senza la prudenza degli scalatori»); ricorrendo a immagini icastiche che anch’esse spesso rendono bene l’idea («Le persone che se ne vanno, che si allontanano, sono come quei limoni secchi che si rinvengono ogni tanto nei frigoriferi: si erano nascosti per giorni dietro al contenitore dei formaggi e a guardarli adesso neanche più sembrano agrumi»), ma talvolta lasciano perplessi («Matteo compone con la lingua epigrammi circolari che incidendo il clitoride elargiscono sensazioni da endecasillabi saffici»).
Se da un lato Sgambati ha il coraggio di smarcarsi da una scrittura industriale e sempre più spesso priva di mordente, dall’altro sembra compiere l’errore di alzare troppo la posta in diversi passaggi, sovraccaricando la storia con un fraseggiare inutilmente ricco d’immagini, in un modo che non fa il gioco del libro.
A risentirne non è solo la trama, ma anche il ritmo, che risulta rallentato dalle divagazioni e dalle ricercatezze dell’autore, il quale aggiunge pagine non strettamente necessarie ai fini della storia raccontata; la sensazione che si percepisce inoltre in alcuni di questi passaggi è di non leggere la voce dei personaggi, ma quella di chi li ha scritti.
Gli eroi imperfetti resta un romanzo per molti versi interessante, ma che forse poteva essere reso meglio, e questo alla luce soprattutto di alcuni spunti non legati puramente alla scrittura che a volte sembrano galleggiare e confondersi in un mare che si poteva immaginare meno vasto.
Giuseppe Rizza