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Los Ingrávidos. Intervista #2 Juan Soto Ivars

1) Quanti anni hai, che libri hai pubblicato e come ti guadagni da vivere?
Ho ventisette anni e ho pubblicato due romanzi, Las conjetura de Perelman e Siberia. Mi guadagno da vivere scrivendo articoli e facendo lavori strani: per esempio adesso redigo cruciverba. In passato ho anche fatto il cameriere e scartavetrato mobili. La cosa più importante, però, è stata liberarmi dal lavoro d’ufficio. Ho lavorato per due anni in un’agenzia pubblicitaria e non penso di tornare a fare quella merda. Alla fine mi accontento di poco, ci sono periodi in cui tiro avanti grazie alla carità degli amici.

2) Come e quando hai iniziato a interessarti di letteratura? C’è un libro, uno scrittore o un evento della tua vita che ti ha spinto a scrivere?
Fino ai sedici anni non avevo letto niente, perché mi annoiava. Poi, al liceo a Tangeri (ho vissuto lì per quattro anni) ho avuto una professoressa di lettere che era severissima, un sergente di ferro. Si chiamava Pilar Garcia Madrazo e ci obbligò a credere, ma con fede, che Il rosso e il nero di Stendhal fosse un romanzo fantastico per degli adolescenti di diciassette anni. Tre alunni di quella classe ora scrivono. Pilar Garcia Madrazo insegnava in Marocco in quel periodo, ma ha insegnato anche a Madrid, e c’è tutta una serie di scrittori in Spagna che l’hanno avuta come professoressa. Tra questi i poeti Alvaro Tato e Julio Reija.
Se devo scegliere un libro che mi ha stimolato a scrivere, dico Fame di Hamsun.

3) Puoi raccontarci i tuoi momenti più difficili da scrittore inedito e come sei arrivato alla pubblicazione?
Si arriva a pubblicare andando alle feste, conoscendo persone. Io ho scritto Siberia nel 2009 e l’ho pubblicato solo un mese e mezzo fa. Ho vissuto molto male il fatto di essere inedito. Alberto Olmos, di cui sono amico da quattro o cinque anni, mi diceva: «Hai bisogno di pubblicare e di renderti conto che non succede niente, che le cose non cambiano». In ogni caso non ho vissuto bene quel periodo.

4) Di cosa parlano Siberia e La Conjetura de Perelman?
Un’amica mi ha detto che hanno una cosa in comune: parlano di gente che reagisce molto male al silenzio dell’altro, del partner. La Conjetura è un thriller di pallottole, violenza e viaggi attraverso la Russia. Siberia invece è un romanzo intimista ambientato a Madrid, una cosa più tormentata e letteraria. Io non mi ero reso conto dell’analogia, me l’ha fatta notare questa mia amica durante una presentazione. Ora credo che entrambi parlino principalmente di questo, del disagio e della mancanza di risposte, che tra l’altro è quello che si trova ad affrontare uno scrittore inedito.

5) Quanto il lavoro degli editor ha cambiato i tuoi testi?
Non hanno modificato i miei testi. Prima di pubblicare Siberia con El Olivo Azul, ho avuto un’offerta di pubblicazione, ma volevano che cambiassi delle cose e gli ho detto di no. Qui in Spagna ti correggono i refusi e gli errori, fanno qualche commento, ma non è molto frequente che modifichino il libro. Lo fanno solo alcuni editori, come ad esempio Ana S. Pareja di Alpha Decay.

6) Cosa sta succedendo attualmente nella scena letteraria spagnola? Di cosa si scrive? Secondo te quali sono in questo momento gli scrittori spagnoli più importanti?
Ci sono due correnti principali: la prima è quella di Alberto Olmos che tende a qualcosa di simile al blog e fa una letteratura di riflessioni, la seconda è quella di Andrea Barba che ricerca l’intensità e fa una letteratura molto drammatica. Poi ci sono i postmoderni che rompono da vent’anni con gli esperimenti e continuano a «innovare». E ci sono scrittori svincolati da ogni corrente che sono molto bravi, per esempio Andujar o Jon Bilbao, che scrive dei racconti horror straordinari. Anche Oscar Esquivias è davvero bravo. E Celso Castro è incredibile: è uno scrittore che scrive in minuscolo e non vende niente, perché un libro scritto tutto in minuscolo è troppo strano per la gente. Celso Castro non ha niente a che vedere con la società letteraria, non è mai stato a una festa e non ha nemmeno un profilo Facebook. Ha pubblicato con Libros del silencio perché lui è galiziano e anche l’editore di Libros del silencio è galiziano (aveva già pubblicato due libri ma con case editrici molto piccole), altrimenti nonostante il suo talento probabilmente non lo conosceremmo.

7) Credi che internet abbia svolto un ruolo fondamentale nell’autopromozione e nel creare relazioni e stimolare il confronto tra gli scrittori di questa nuova generazione?
Siamo molto presuntuosi e, dato che non guadagniamo niente, cerchiamo almeno di attirare l’attenzione per avere delle groupie. La verità è che Facebook può anche essere molto divertente: il 90% del tempo che passo lì dico cretinate, non penso a promuovermi.

8) Che influenza ha la letteratura ispanoamericana su di te? La senti meno tua di quella spagnola?
Il problema che ha attualmente la letteratura spagnola è che sembra tradotta. Gli spagnoli stanno scrivendo in un castigliano che non è lo stesso che usa Cela o che usa Cervantes. Naturalmente, ci sono delle eccezioni, ma in generale la letteratura spagnola non è una letteratura «razziale» (anche se la parola razziale è un po’ sgradevole). Quella latinoamericana invece lo è, quando leggi Cortázar o qualsiasi altro autore sai di dov’è perché usa non solo le parole tipiche del suo Paese, ma anche una sintassi propria dell’intonazione argentina o messicana o quello che è. Quando si legge uno scrittore argentino si immagina la sua voce, il suo accento. Questo non succede con gli scrittori spagnoli. Anche i libri che ho pubblicato io sembrano traduzioni, forse Siberia un po’ meno de La Conjetura. Ma quello che vorrei fare d’ora in poi è letteratura davvero spagnola, perché leggiamo talmente tante traduzioni che si sta perdendo l’armonia della nostra sintassi. Quindi non voglio che la letteratura ispanoamericana mi influenzi, o meglio, voglio scrivere come gli ispanoamericani ma usando le particolarità del mio spagnolo.

9) Com’è nato il racconto che hai pubblicato su Colla?
È ispirato a un film italiano, I vitelloni di Fellini. Ma è anche un racconto autobiografico, dato che mi identificavo molto con i protagonisti di questo film. Vivevo in un paese noiosissimo della provincia di Murcia, dove non c’era niente: aveva 40.000 abitanti e nemmeno un cinema. In un paese del genere si trascorre l’infanzia prendendo a sassate i gatti e perdendo il tempo. E si provano le droghe molto presto. La maggior parte dei personaggi che appaiono in questo racconto sono miei amici d’infanzia che sono rimasti lì e non fanno niente. Il paese, dove ho vissuto fino a quando mi sono trasferito in Marocco, si chiama Alcantarilla (ndt. tombino o fogna): il nome già dice tutto.

10) Nella Conjetura de Perelman sono evidenti i riferimenti alle narrazioni russe e americane, ma io ho notato anche influenze di anime e manga. Mi sbaglio?
Il romanzo si doveva chiamare Tette e proiettili ed è pulp. Io avrei voluto che fosse ancora più pulp, ma da un parte la casa editrice mi ha indirizzato verso il romanzo psicologico e dall’altra c’è stato l’ostacolo della mia lentezza nello sviluppare i personaggi. Il finale è la parte più pulp, con il tizio che piazza le bombe e si eccita, lo squadrone delle sexy assassine e l’esercito di barboncini giganti. In Spagna non si fa molta letteratura di questo genere.
Prima di iniziare a leggere libri, leggevo fumetti: Dragonball, Akira e I cavalieri dello Zodiaco. Nella Conjetura c’è la loro influenza e anche quella dei videogiochi: nella seconda parte è come se i personaggi dovessero superare dei livelli.

11) La Conjetura e Siberia sono romanzi che trattano temi molto diversi, ma entrambi si concentrano sulle pulsioni più basse dell’essere umano. Cosa ti attrae di questo argomento, c’è qualche lettura in particolare che ti ha influenzato?
La letteratura non mi influenza per quello che riguarda i temi o il modo di trattarli. Quello che leggo influisce molto sul mio stile, ma i temi li prendo dalla vita. Questo atteggiamento è puro Nuevo DRAMA: ricavare i temi dall’esperienza. Tu hai mai pensato di uccidere qualcuno? Non perché ce l’hai con questa persona, ma perché improvvisamente ti viene da pensare che avresti la possibilità di ucciderlo, ti viene da pensare: «Lo butto giù e…» Non ti è successo per esempio di trovarti sull’orlo di un precipizio e dirti: «In questo preciso momento io potrei…»? Io a volte fantastico su queste cose. Riguardo allo stupro di Siberia, ovviamente io non ho violentato nessuno, ma ho avuto una relazione così frustrante che pensavo: «Questa è la situazione in cui la gente decide di commettere uno stupro». Non uccido la gente né la violento, ma credo che le situazioni in cui alcune persone lo fanno non siano così diverse da quelle che viviamo tutti.

12) Cos’è il Nuevo DRAMA?
Il Nuevo DRAMA è un atteggiamento nei confronti alla scrittura: non è un movimento generazionale, piuttosto consiste nella scelta di vivere prima di scrivere. Ci sono autori che facevano questo prima che noi (Soto Ivars e gli altri due fondatori del Nuevo DRAMA, Sergi Bellver e Manuel Astur) nascessimo. È stato semplicemente inventarsi un nome per la letteratura che nasce dalle viscere e non dal cervello: il cervello poi permette che le cose si incanalino nel modo giusto. Ora lo stesso Vila-Matas, dopo aver pubblicato il suo ultimo romanzo, sta dicendo nelle interviste qualcosa di molto simile a quello che diciamo noi del  Nuevo DRAMA, sostiene di voler tornare all’intensità e ha preso un po’ le distanze da quello che ha fatto prima. Io credo che la sperimentazione e la intellettualità e i riferimenti vadano bene, leggo molti libri ultra post-moderni, ma non mi sento a mio agio scrivendo in quel modo.

13) Qual è l’ultimo libro di uno scrittore italiano che hai letto? Qual è il tuo scrittore italiano preferito?
Un italiano che ho letto da poco è Scerbanenco. Ho letto Traditori di tutti, è un noir molto intenso e Scerbanenco scrive meravigliosamente. Mi piacciono anche Buzzati e Tabucchi. Ho letto poca letteratura italiana, ma ora mi sto facendo consigliare da una mia amica che è editor presso Gadir, la casa editrice spagnola che sta pubblicando più italiani.

14) Stai scrivendo qualcosa in questo momento?
Sto scrivendo un libro per bambini che è strutturato come un videogioco e che mi sta divertendo molto. E un romanzo che si chiama Los crimenes del futuro e parla di cinque salti nel futuro, cinque storie di crimini. Inizia con una decapitazione che scatena una rivolta giovanile: il ragazzo che decapita la madre nel primo racconto, nel secondo diventa un eroe di un gruppo di giovani fuori di testa che attaccano il sistema. Successivamente ci sono una guerra, un post-guerra e l’uomo che viene mandato nello spazio.

 

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