Un anno e mezzo fa incrociammo Nicola Lagioia alla Fiera del libro di Torino e gli parlammo di «Colla». Lui espresse apprezzamento per l’iniziativa, ma ci mise in guardia: non sarebbe stato facile andare avanti; ci invitò comunque a tenere duro, a cercare di arrivare almeno al terzo numero.
Ora che abbiamo doppiato quel traguardo possiamo dire che il percorso si è rivelato più agevole del previsto. Gran parte del merito va a chi ha collaborato al nostro progetto: gli autori, i grafici, i disegnatori, gli operatori video, gli uffici stampa, la correttrice di bozze. Se siamo arrivati al numero 7, a dispetto del budget (zero) della rivista, è perché lo scopo principale del lavoro di ognuno di noi è quello di fare un buon lavoro, di realizzare un prodotto della migliore qualità possibile. Si dimentica spesso che se il profitto economico per qualsiasi attività lavorativa diventa prima o poi necessario, non dovrebbe mai diventare fondante; l’obiettivo primario è, e deve rimanere, appunto, la qualità dell’opera realizzata, del prodotto offerto.
Se ne dimenticano di certo i datori di lavoro di Stagismo di Stato (Chiara Di Domenico) e de La cosa che più desideri al mondo e che si compra con i soldi (Francesca Esposito) quando si tratta di rinunciare a una parte dei loro introiti. Salvo ricordarsene fin troppo bene quando vogliono convincere i dipendenti ad accettare salari bassi e versamenti tributari nulli o irrisori.
Se le cose vanno male al lavoro, non vanno meglio in famiglia. La struttura familiare tradizionale del nostro Paese non riesce ad adattarsi alle dinamiche della società odierna, ci spiegano i sociologi. Sarà un caso se la maggior parte degli omicidi in Italia avviene tra le mura domestiche? si chiedono i criminologi. Non si arriva al delitto in La prima notte (Giovanni Martini) e in La mia conversione (Christian Raimo), ma gli ambienti familiari sono asfissianti e i toni da commedia nera.
I problemi lavorativi e familiari nazionali non trovano certo riscatto negli incontri tra sconosciuti, sembrano volerci dire Blind date (Daniele Bettella) ed Emergenza (Matteo Trevisani): in entrambi i racconti, l’altro è chiuso in se stesso, incapace di ascoltare, già – consapevolmente o inconsapevolmente – perduto.
Come avrete intuito l’immagine della realtà che propone questo numero di «Colla» è tutt’altro che confortante. Ma come disse Arturo Prat all’equipaggio suicida dell’Esmeralda, finché avremo vita, la bandiera di «Colla» sventolerà.