Ultimamente mi capita spesso di venire fermato per strada da una delle nostre innumerevoli ammiratrici e, immancabilmente, la domanda che mi pongono dopo «Ma chi te lo fa fare se non ti pagano?» è: «Come nasce un numero di Colla?» Di solito, quello che rispondo è più o meno questo.
Dunque, c’erano una volta papà Colla e mamma Colla che vivevano in una grande casa fatta di pan di zenzero. Si volevano tanto bene e così mamma Colla restò incinta. La gravidanza durò alcuni mesi, dopodiché una cicogna partì dal Paese delle Nuvole per consegnare il pargolo colloso. Volava tranquilla con il suo fagotto nel becco, quando, alle sue spalle, spuntò minaccioso un dirigibile tutto rosso.
L’uccello di mare sulla bandiera battuta dall’aeromobile era inequivocabile: si trattava di un gruppo di famigerati pirati dell’aria, loschi editori che, con vane promesse di ricchezza e celebrità, rubavano l’innocenza e i soldi di giovani autori ignari. I mascalzoni, avendo scoperto cosa trasportava quella cicogna grazie alle loro spie, volevano rapire il piccolo Colla per scambiarlo con un riscatto di autori freschi.
Fortunatamente, nel momento più buio, quando già l’ombra dei marrani sovrastava la povera cicogna, spuntò all’orizzonte, fulgido e splendente, il biplano di Colla. E io ero lì, alla mitragliera di coda, con Capitan Sparacino al timone e Mastro Gigliotti all’artiglieria pesante, quindi so cosa accadde. Ma non saprei come raccontarvelo nello spazio di un editoriale. Fu uno scontro epico, il cielo rosso di fiamme, colorato come al tramonto dalle raffiche di proiettili e dalle esplosioni, tutto quanto avvolto da una foschia acre di polvere pirica, che ad un certo punto pure il radar non ci vedeva più. Facendola breve: lottammo come leoni alati e vincemmo. I malvagi batterono in ritirata a leccarsi le ferite e la cicogna poté portare a termine il suo compito: il pargolo giunse a destinazione.
Ed è con piacere che vi presentiamo Otto Colla, con racconti di Fabio Viola, Flavio Santi, Maura Gancitano, Giuseppe Zucco, Renato D’Urtica e Antonio G. Bortoluzzi.