«Vabbè, il minimo è che vai a prendere da bere per tutti» dice Stefano, e dà al Bravo due consumazioni stropicciate.
Il Bravo non fa storie e si avvia al bancone. In sua assenza, Aria trova le parole per dire quello che vorrebbe dire da quasi venti minuti: «Ma dove cazzo siamo finiti?»
«È carino come posto» si difende Stefano.
«Carinissimo, per carità. Ma è pieno di Erasmus.»
Stefano esita. La guarda. «Non te l’avevo detto?»
«No. Perché poi non ci sarei venuta.»
«Allora ho fatto bene a non dirtelo.»
Due slave passano al traino delle loro birre, bianche e floride, quasi a tema medioevale.
«Oh cazzo» fa Aria, poi sorride a Stefano e gli fa una carezza di conciliazione.
«Facciamo un po’ compagnia al Bravo e poi ce ne andiamo» dice lui sperando di fare meglio.
«Ma non poteva venirci da solo?»
«No, perché non sa lei quando arriva, e non fa bene aspettare da soli, no, ti rovina il…» Stefano non trova la parola, fa un movimento a metà tra il twist e la corsa campestre. «Capito?»
Aria fa sì con la testa, ha capito. Intorno la Locanda si va riempiendo di stranieri. Tedeschi con le guance da malati e gli occhi vacui, spagnoli con le palpebre pesanti e la barba riccia. Non parlano tra loro, restano divisi in gruppi, e questo fa sembrare i tedeschi sempre più tedeschi e gli spagnoli sempre più spagnoli. Mentre bevono i tedeschi si fanno sempre più chiari e vacui, gli spagnoli sempre più scuri e pesanti. Gli italiani sono quelli con le scarpe nuove e le braccia di palestra.
Stefano indica le scale in fondo alla stanza, sei gradini coperti di gomma antisdrucciolo sotto l’uscita di sicurezza. «Ci mettiamo lì a fumare, guardiamo la gente, aspettiamo che passi la serata.»
«Oh cazzo» ripete Aria.
«Se dovevamo fumare potevamo farlo anche a casa» fa Aria quando il Bravo è tornato con le birre. Nella sala grande c’è già gente che balla, ma non abbastanza da far venire voglia di unirsi.
«Ma a casa ci fumate tutti i giorni» risponde il Bravo.
Stefano gli dà ragione. «Bravo.»
«Perché a casa mia gli Erasmus non ce li faccio entrare.»
«Dai che Vivienne sta arrivando» fa il Bravo. «Ancora un attimo di pazienza.»
«Sono passate le undici.»
«Sì, ma studia, ha ventun anni, domani mattina si sveglia a mezzogiorno.»
«Ha ventun anni?» Aria guarda Stefano, con una faccia che vuole dire: non mi hai detto proprio niente. Poi capisce e guarda il Bravo con la faccia indignata da ragazza del nord. «Non dirmi che è una tua studentessa.»
«Eh già. Ma ha già dato l’esame. Prima non l’ho proprio pensata.»
«Ah, vabbè.»
«È molto intelligente. Ed è molto carina. Quando non sa una cosa ti fa una faccetta da stronza che le perdoni tutto. Ma la maggior parte delle cose le sa, quindi.»
«E quando arriva?»
«Tra poco.»
Aria cerca un posacenere, poi spegne la cicca contro la salita del gradino e la infila in un bicchiere lì accanto. «È buono che ti fanno fumare» dice, «con tutto l’amore per Sirchia».
«È comodo, sì» le fa eco Stefano.
Solo in quel momento si accorgono del Bravo con il posacenere teso. Aria gli fa un sorriso.
«E Valentina dove l’hai lasciata?»
«Usciva con le amiche. Ha scelto lei il giorno.»
Stefano si prepara la faccia che dovrà fare, se l’è preparata, ma la ripassa in mente, non è una faccia facile. Aria si accende un’altra sigaretta e chiede: «Ha scelto lei il giorno?»
«Sì, ha detto: lunedì esco con le mie amiche. Così io le ho detto: va bene, allora esco con Stefano e Aria.»
«E tu hai pensato: è la sera giusta per uscire con una studentessa.»
«L’ha scelta lei» si difende il Bravo.
Aria guarda Stefano, che fa una faccia che vuol dire: io non lo farei mai, ma non sono un moralista, ognuno si comporta come crede, ma io non lo farei mai.
Nella sala grande va il revival, e di Vivienne la ventunenne belga nessuna traccia. Il Bravo comincia a spazientirsi. Aria fa a Stefano la mossa a metà tra il twist e la corsa campestre. Lui fa sì con la testa e annuisce.
«Vedi che adesso arriva» dice Stefano. «Ci prendiamo un’altra birra?»
«Non era male» ammette Aria.
«Era pure fredda» dice il Bravo, e poi si gela. «Porco cazzo» aggiunge, e va a sedersi sul gradino più basso, dietro le schiene sudate di tre spagnoli con i peli sulla nuca. Aria e Stefano lo seguono senza capire, poi Aria indica verso la sala grande.
«Ma quella non è la tua ragazza?»
Il Bravo la afferra per il braccio e la fa sedere, mentre Stefano si mette a ridere: «Ma è lei davvero?» Il Bravo fa sedere anche lui.
«Doveva venire qui con le amiche?» chiede Aria incredula. «Alla festa Erasmus?»
«E che cazzo ne so, sono una più cretina dell’altra, le amiche. Escono di lunedì.»
«E mo’?» chiede Stefano.
Il Bravo guarda Aria: «Posso chiederti un piacere?»
«Oh cazzo.»
Quarantacinque secondi dopo, Valentina è molto sorpresa di trovarsi Aria davanti che la abbraccia e la fa girare verso il bancone. Non guarda neanche, ma sente casino tra i tavolini mentre Stefano e il Bravo scavalcano tedeschi e spagnoli cercando una via alternativa di fuga.
«Ma non dovevi uscire con Stefano e Franci?» le chiede Valentina.
Aria non sa chi sia Franci ma può intuirlo. «Franci sarebbe il Bravo?»
«Lo chiamano ancora così?»
«Finché resta così bravo.»
«Non dovevi uscire con loro?»
«Io no, di lunedì con quei due, mi annoiano» inventa Aria. «Sono venuta qui con una collega, ma sta ballando con uno, non so chi.»
«Ma quanti anni ha? Qui sono tutti ventenni.»
«Tranne noi» ride Aria, e dopo un po’ ride anche Valentina.
All’uscita della Locanda, il Bravo scruta su e giù via dei Campani aspettando l’arrivo di Vivienne, la ventunenne in ritardo. Stefano lo guarda, appoggiato a una macchina, e rischia da un momento all’altro di non poterne più.
«Com’è fatta?» chiede, solo per rendersi utile.
«Alta come te, capelli castani, occhi… Non lo so. Normali.»
«Vabbè, cercala tu.»
Il Bravo si appoggia a una transenna per guardare oltre la gente in fila.
«Se mi vede con Valentina sono cazzi.»
«Ma perché non le mandi un messaggio, e cambiate locale?»
«E se poi non viene?»
«E non fa niente, vi vedete un’altra volta.»
Il Bravo fa no con la mano, mentre sale su un’altra transenna. Quelli in fila lo guardano e ridono. Anche Stefano deve metterci della concentrazione, per non mettersi a ridere di fronte all’agitazione del Bravo.
«Vabbè» fa il Bravo tornando al suo posto appoggiato alla macchina. «La aspettiamo qui, e quando arriva mi invento una cazzata e cambiamo locale.»
«Vabbè» fa Stefano, che da qualche secondo non ne può più e fa fatica a non dire qualcosa tipo: A trentaquattro anni, potresti anche smettere. «Ma come veniva, col 19?»
«No, veniva in motorino con un’amica.»
«Con un’amica? E perché hai invitato me e Aria?»
«Volevi venire da solo?»
«Ma no, invitavi uno senza ragazza, così si teneva l’amica.»
Il Bravo getta la testa all’indietro, anche se il tetto della macchina è troppo basso e troppo sporco per fare da cuscino. Stefano non ne può più e fa anche troppa fatica a non dire qualcosa, fa per dirlo ma non è abbastanza veloce. Sente la macchina sobbalzare, il Bravo che scatta sull’attenti.
«Franci!» fa Valentina vedendoli. Alle sue spalle Aria richiude la porta insonorizzata del locale. Stefano prova a fulminarla con lo sguardo, ma Aria ha già messo su una faccia che significa «Ma che vuoi», e Stefano lascia perdere.
«Che fate qua?» chiede Valentina.
Il Bravo annaspa per una scusa, Stefano capisce che toccherebbe a lui pensarne una ma ha ancora in bocca le parole di rimprovero e vorrebbe dire quelle. Inizia a pensarne una, ma gli ci vuole un’eternità.
«Sono passati a portarmi le chiavi del motorino» dice Aria. «Le ho lasciate a casa.»
«Eh?» fa il Bravo, poi prova a recuperare: «Sì, scusa il ritardo».
«Eccole» fa Stefano mettendo la mano in tasca, e allunga le chiavi ad Aria.
«Grazie» fa lei. «Buona serata.»
«Ha ha!» fa Valentina. «Ci pensate? Tutte le ragazze in un locale, e tutti i ragazzi in un altro.»
«Ha ha» fa il Bravo, e fa per salutare, ma la ragazza lo afferra per il braccio.
«E aspettate, fumiamoci almeno una sigaretta.»
Il buttafuori della Locanda si fa una risata. «Altri cinque» dice, e una banda di ragazzine dall’aria latina si infila dentro ridendo.
«E se non sbaglio è australiano» fa Valentina al termine di un breve identikit dello straniero che le ha portato via l’amica.
«Be’, gli australiani» fa Aria.
«Sarà un surfista?» chiede Valentina.
«Probabile.»
«Magari questi due fossero australiani.»
«Ha ha» fa Aria e guarda Stefano, che si gratta una mano.
Appoggiato alla sua automobile, il Bravo prende il cellulare dalla tasca e inizia a mandare un messaggio, con tutta la nonchalance del mondo, come se scrivesse alla madre. Valentina lo guarda, gli sorride, poi dice: «Stavano ballando Brian Adams abbracciati».
«Brian Adams quale?»
«Quella famosa, quella di Robin Hood.»
«Oh cazzo» fa Aria. «Troppo facile, per l’australiano.»
«Però ha vent’anni» le fa notare Stefano.
«Ma l’amica di Valentina ne ha trenta.»
Il Bravo sta rileggendo quello che ha scritto. Aggiunge qualcosa. Stefano si gratta la testa, cambia l’appoggio contro lo sportello della macchina. Il Bravo rimette il telefono in tasca. Alle sue spalle, in fondo alla strada, si sente uno squillo: prima che sia finito il Bravo si è chinato e fa finta di allacciarsi una scarpa.
Stefano si volta: venti metri più sotto una ragazza alta come lui, capelli castani e occhi grandi legge un messaggio sul cellulare. Poi si volta e torna indietro verso Scalo San Lorenzo. Quando si volta di nuovo, il Bravo lo sta guardando. Stefano gli fa un sì socchiudendo gli occhi, e il Bravo si rialza.
«E va bene» dice a Valentina andandole incontro per darle un bacio. «Ci vediamo domani.»
«Ciao, amore.»
Il Bravo bacia la ragazza, poi le chiede: «Ce l’hai il cellulare carico?»
«Tutte le tacche» risponde lei, e per un attimo Stefano pensa che sia un codice di coppia, poi decide che no, il Bravo le ha solo chiesto notizie della batteria del suo cellulare. Il Bravo ringrazia Aria della compagnia, Stefano saluta Valentina, poi si avvicina ad Aria per abbracciarla. Lei è seria fino al naso, ma mentre Stefano si avvicina si accorge che dietro gli occhi sta ridendo. Se Stefano non la conoscesse, potrebbe quasi pensare che si sia divertita. La bacia, lei gli stringe il braccio.
«Ci vediamo a casa» le dice.
«Col cazzo che resto qua», trova la risposta sul cellulare tre minuti dopo. «10 min, Zozzone di Porta Maggiore.»
«Faceva finta di allacciarsi una scarpa» ride Aria. «Ma chi è che fa finta di allacciarsi una scarpa, Charlot?»
«E intanto.»
«Ma dov’è andato?»
Stefano non lo sa, ovviamente. «Spero il più lontano possibile. Se poi stanno qui dietro, cazzi loro.»
Una banda di diciottenni col crestino scende da un’auto e assalta lo Zozzone. Sanno già tutti cosa vogliono, Stefano si fa indietro, aspetta che siano stati serviti tutti, Aria non gli fa problemi. Lo Zozzone li conosce, gli dice qualcosa in romano che Stefano non capisce. I ragazzi danno le ordinazioni, le ragazze restano più dietro con gli smartphone aperti, mandano messaggi.
Mandano messaggi ad altri ragazzi, pensa Stefano, mentre la prima linea di scemi col crestino si affanna davanti al vetro per dire ketchup o maionese. «Ma come si faceva, prima del cellulare?» chiede.
«Eh?»
«Come faceva la gente a tradirsi, quando non c’era il cellulare?»
«Stai pensando di tradirmi anche tu?»
«Ma no.»
«Però ce l’hai il cellulare.»
«Veramente, come faceva la gente quando non c’era il cellulare, non c’era internet?»
Aria gli fa la faccia di chi un po’ non ha capito e un po’ non è interessato. «Boh.»
«Fai i nostri genitori, come facevi a farti una storia quando c’era solo il telefono fisso? Tu avevi un’ amante, una seconda ragazza, e quella chiamava a casa tua senza sapere chi rispondeva? Come facevano?»
«Si davano appuntamento a un’ora che la moglie non c’era.»
«E se la moglie per sbaglio c’era?»
«Era un casino. Oppure si facevano la segretaria, così poi poteva chiamare ogni volta che voleva. E si vedevano ogni giorno a lavoro.» Aria finge di pensarci. «Ecco perché tutti si facevano la segretaria. O il capo, a seconda.»
«E una situazione come quella di stasera, come faceva il Bravo? Si trovava con Valentina e la belga nello stesso locale.»
«Vabbè, ha avuto sfortuna, il Bravo.»
«E se subito prima di uscire Valentina cambiava idea? Se il Bravo non poteva più andare all’appuntamento con la belga, come glielo diceva?»
«Si inventava una palla con Valentina.»
«Ma troppe palle poi saltano fuori. Capito quanto è più semplice adesso?»
Aria ci pensa un attimo. «Be’, adesso basta una cronologia di Skype a fregarti.»
«E la cancelli. Fosse quello il problema.»
«Va bene, allora adesso è molto più semplice. Però non credo che prima si tradisse di meno. Lo si è sempre fatto.»
«Certo che lo si è sempre fatto. Ma i nostri genitori, quelli che avevano una seconda ragazza, o un secondo ragazzo, un amante, capito che casino era? Appuntamenti telefonici quando la moglie non c’è, il terrore se il telefono squillava all’ora sbagliata, ore passate sotto i portoni ad aspettare uno che non veniva, castelli di palle studiate alla perfezione, erano altri tempi. Quelli erano titani dell’adulterio.»
«Guarda che tocca a te.» Aria gli indica lo Zozzone che pulisce il coltello della salsa rosa, e li fissa chiedendosi se dopo tutto abbiano fame.
«Ah» fa Stefano, si avvicina al vetro e chiede due cheeseburger. «Però guarda che» aggiunge tornando da Aria, «quelli non lo sapranno mai. Magari stanno tutti chattando con altra gente. Magari ognuna di quelle ragazze ne ha un altro, e altri tre in attesa con cui chatta ogni tanto, così se quello prima sparisce ce n’è subito un altro pronto. È una catena di montaggio.»
«E tu non ci vuoi entrare in questa catena di montaggio?»
Stefano fa no con la testa. «No, io sono uno all’antica.»
«No no. Lo so io chi sono i veri titani dell’adulterio.»
«E chi?».
«Gli Erasmus.»
«Vabbuo’» riattacca Stefano. «Ma per un periodo limitato, alla fine è come andare in vacanza…»
Ma ad Aria, gli Erasmus, è bastato nominarli. «A me, di tutta questa storia, una sola cosa mi fa curiosità.»
«Cioè?»
«Vorrei sapere dov’è andato il Bravo.»
Sdraiato nel letto, il Bravo guarda il soffitto mentre la Belga sale e scende sopra di lui. Si stanca del soffitto e ricomincia a guardare il seno di lei, che è pieno come gavettoni pieni d’acqua ma la Belga non vuole che lui lo si tocchi, e il Bravo si adatta. Ogni tanto controlla il cellulare, fa uno squillo a Valentina, ma il cellulare non è raggiungibile, quindi Valentina non è ancora uscita dalla Locanda. La Belga gli lancia delle occhiate interrogative, ma il Bravo le fa segno che non ha niente, e lei continua. Non c’è fretta: dalla Locanda Atlantide a casa del Bravo è quasi mezz’ora d’auto, anche di notte.
«È casa di mia sorella» ha detto alla Belga, per giustificare l’arredamento femminile del bagno. A Valentina dirà che ha sporcato le lenzuola mangiando un panino e le ha dovute subito lavare. Quando era ragazzo, il Bravo era così bravo che riusciva a portare le ragazze dove voleva. Gli piacevano le auto degli altri, i bagni dei locali, le scale di servizio degli ascensori. Adesso gli piace farlo nel suo letto.
Locanda Atlantide
Via dei Lucani 22
Alla Locanda Atlantide non amano definirsi un locale, ma uno spazio multilinguaggio. Eppure ci si diverte come in un locale, grazie all’ampio ambiente per i concerti e al «disimpegno» di fronte al bancone del bar attrezzato con poltrone e tavolini. L’arredamento, in pieno stile atlantideo, è tutto «trovato» tra botteghe di robivecchi e set dismessi del cinema (siamo pur sempre a Roma!), a parte il caratteristico bancone che è stato realizzato su commissione. Ma il titolo di spazio multilinguaggio è conquistato sul campo: dal 1998 a oggi la Locanda ha organizzato mostre di artisti emergenti, incontri, laboratori e manifestazioni (i festival «Piedi» e «Salam»), sempre nello spirito dell’incontro multietnico, della condivisione e dell’esplorazione. E al di là di tutto offre birra a prezzi ragionevoli e un ottimo spazio per concerti, ampio e ben amplificato.
Any Given Monday
Vega Production
Any Given Monday (Vega Production) è una serata del lunedì organizzata da Simeone, Simone e Daniele, con l’aiuto di una crew di circa quaranta elementi. I tre fondatori, stanchi di curare dj set e vj set per terzi e decisi a trovare una maggiore libertà espressiva, creano il loro evento: Simeone si occupa della direzione artistica ed è il dj resident della serata; Simone è vj, ufficio stampa e si occupa del booking; Daniele è addetto alla logistica e coordina i collaboratori. Ogni lunedì l’AGM ospita due dj, il primo già affermato sulla scena romana e il secondo emergente, oltre a una mostra di arti visive. La music dell’AGM è indie, rock e electro, con frequenti incursioni nel commerciale e nel trash.