Sarà un viaggio esotico saltato a far saltare un’amicizia in bilico.
Sarà inverno, perché i viaggi esotici in Europa si fanno tra dicembre e febbraio, ma non sarà Natale perché Natale con i tuoi, e questo è un viaggio tra amiche, come non si faceva da molto tempo.
Sarà freddo, ma un freddo con il sole, perché in valigia ci sono i costumi e le creme solari. Quando a Milano è inverno e ai piedi del letto c’è una valigia-zaino con dentro i costumi, il cappuccino è più cremoso e il cuore di cacao ha una forma perfetta e un retrogusto di guava, gli spiccioli nella tasca del cappotto sono giusti per due biglietti della metropolitana, andata e ritorno per la spiaggia, tre euro, le vetrate dell’ufficio sono pulite e guardano il mare, gli spinaci del sacchetto maxi non puzzano di marcio dopo due giorni in frigo, anzi, sanno di zenzero.
Le amiche saranno tre, ma non un triangolo. Più una linea retta, un segmento di circa cinque centimetri. Nella mezzeria, a due centimetri e mezzo, ci sarà Paola, l’anello debole della catena. All’estremità sinistra, guardando da Est, ci sarà Laura, l’architetto altoatesino. All’estremità destra, sempre guardando da Est, ci sarà Federica, la vedova del design.
Ci saranno un telefono e due telefonate.
Quando le cose succedono per telefono sono più reali. Quando parli al telefono è come leggere un romanzo, devi immaginare molti dettagli e questo sforzo carica l’esperienza di intensità, tutto è più importante. Quando parli al telefono è come stare sdraiati sul lettino consunto di un analista freudiano, uno dei sopravvissuti, con un cognome che finisce in consonante. Parli più che altro con un te stesso nebuloso e piuttosto giudicante. Ti arrampichi sulle frasi e costruisci un’impalcatura complicatissima e ci credi molto.
La prima telefonata la farà Laura, l’architetto altoatesino a Paola, l’anello debole della catena, proprio mentre lei sta guidando alle otto di sera dove la circonvallazione incrocia Corso Genova ed è appena scattato il rosso. Sarà buio con lucine intermittenti, il traffico attorno sarà già quello del rientro dall’aperitivo o verso la cena al ristorante, meno nervoso del traffico delle sei. Sarà un’auto in car sharing, una Mini senza cambio automatico, con stazioni radio impostate da altri, fastidiose, e programmi di destra.
La telefonata già dal nome sullo schermo sarà una cattiva notizia, a una settimana dalla partenza, tutto prenotato, anche i ristoranti a Bangkok, prima dell’isola. Nella voce di Laura si sentirà che è seduta sulla poltrona da architetto nella sala aperta con tutte le vetrate sulle terrazze ricoperte di neve. Si sentirà il profumo dei pomodorini ciliegia a candire in forno, da mettere nel cous cous reinterpretato. Anche nervosismo e preoccupazione, ma più in secondo piano, imbottiti di neve e pomodorini. Verranno usate parole-cuscinetto, per preparare alla notizia bomba, ma nemmeno tante, Laura non ama tergiversare e, anche se ha la gola chiusa, deve dire a Paola che non può più partire. Il semaforo diventerà verde, proprio in quel momento, e Paola dovrà schiacciare l’acceleratore e liberare la frizione o liberare l’acceleratore e schiacciare la frizione e farà casino perché da anni sempre solo cambio automatico e si spegnerà il motore in mezzo all’incrocio più nevrotico dei Navigli e sarà un crescendo di clacson brutta imbecille impara a guidare, e girare la chiave e non parte e rigirare la chiave e parte, e Laura a gettarle addosso il discorso prefabbricato, ha fatto le prove ma non è servito, parlare al telefono è più vero e le cose si intasano tutte lì nell’orecchio senza canali di scolo.
La notizia bomba sarà accecante e il traffico scomparirà risucchiato dal vuoto, ci sarà impotenza e incazzatura e impotenza e incazzatura, cosa stai dicendo, questo è il nostro viaggio, è Il Viaggio, è The Beach, è Crystal Fairy and the Magical Cactus, l’idea è nata proprio da Crystal Fairy ma non in Cile, molto più a Est, e loro dovevano essere fate thailandesi nell’umidità bollente della città, nel treno sopraelevato, nello smog asiatico, tra le bancarelle di street food speziato, nella notte sul fiume e poi sull’isola, The Sanctuary scovato su i-escape, where detox meets retox, loro tre nel bungalow sulla spiaggia, scelto in quindici mail no più grande no più piccolo no senza aria condizionata sì senza aria condizionata io dormo anche su un’amaca no vicino alle cucine no in alto sulla collina sì vicino al mare sì che ci alziamo all’alba e due passi e siamo nel mare, ho letto nei forum che se sali la scalinata e scendi nella spiaggia vicina trovi il banchetto di Apple, ha di tutto, c’è il menù scritto su una lavagnetta, puoi scegliere, anche l’oppio, qualsiasi cosa, loro tre nella notte dell’isola a fumare oppio sul tetto-terrazza del bungalow tra le palme e la musica del bar laggiù in fondo, oltre il tramonto e le cucine e il mare tiepido all’alba, oltre sé stesse, molto diverse da sé stesse, molto più esotiche e piene di aspettative e possibilità infinite, nuovi giochi, nuovi pensieri e nuove idee.
E invece il traffico dei Navigli ci sarà ancora e molto più incazzoso, tutti arrabbiati con Paola, ma anche un po’ con Laura, perché avranno capito che è colpa di Laura se la Mini rossa è incagliata sulle strisce pedonali, sotto un neon lampeggiante Piccola Ischia.
Non ci sarà tempo per pensare, solo per rispondere. Il telefono stretto in mano e le parole strette in bocca. Paola ci proverà a essere posata e ragionevole ma si sentirà tradita e delusa, il vuoto del traffico sarà il vuoto nel suo stomaco vuoto, nessun succo gastrico a filtrare la notizia bomba. La valigia-zaino, a casa, ai piedi del letto, si sgonfierà appena, un soffio, un sospiro, si sta a casa, non si parte, peccato, eravamo così pronte, i costumi asciutti, puliti, schiacciati appallottolati tra il phon e le infradito, Ok, no problem, una reazione da bikini anglosassone, noi siamo sempre pronti per la prossima.
La telefonata durerà lungo tutto il corso d’acqua putrida di Ripa di Porta Ticinese. All’altezza di via Morimondo sembrerà finita con un mezzo vaffanculo, mentre Paola premerà il tasto «sosta» e avrà un minuto per scendere dalla Mini prima che si autodisintegri, ma la telefonata continuerà ad attorcigliarsi nel suo cervello come una biscia marrone. Paola porterà il suo cervello con dentro la biscia all’Osteria del Sognatore, per ascoltare uno scrittore americano ubriaco leggere il suo romanzo più famoso ora tradotto finalmente anche in Italia, così americano, così ubriaco tra le luci calde soffuse e le facce perplesse degli avventori dentro bicchieri di Nero d’Avola. Paola tracannerà un bicchiere di Nero d’Avola nel tentativo di cacciare via la biscia e concentrarsi sul qui e ora, sulle parole impastate dello scrittore americano ubriaco e sull’importanza di ascoltare lo scrittore americano ubriaco, ma quella continuerà ad arrotolarsi e srotolarsi premendo contro le tempie ricordandole che Il Viaggio non c’è più. Che Laura non ha potuto proprio rifiutare quel lavoro offerto all’ultimo, sono tanti soldi, un progetto importante, e quella in fondo era solo una vacanza. Paola fisserà lo scrittore americano calamitando il suo sguardo ubriaco, facendo sì sì con la testa a ogni pausa significativa del suo inglese del Midwest. Per dargli soddisfazione, certo, ma soprattutto per fregare la biscia. Ma la biscia non si lascia fregare così facilmente e Il Viaggio non ci sarà più, perché in fondo era solo una vacanza.
E invece Il Viaggio ci sarà ancora da un’altra parte, all’estremità destra del segmento, nel letto di design di Federica, la vedova del design. Due mesi che lo aspetta e adesso il conto alla rovescia è iniziato davvero, sarà un rito di passaggio verso la prossima fase, dopo l’apnea, il dolore che ormai non ha più senso tanto è stato nominato, condito, accostato, la pietà degli altri, il ribaltamento di tutte le cose, la centrifuga degli eventi dopo la fine. Esattamente un anno dopo. Sarà un’occasione, un’oasi, una bolla, un ponte, una corrente. Paola glielo ha promesso. È stata così brava a organizzare, i voli, l’hotel fané. Senza i bambini, senza i genitori, senza le fotografie in bianco e nero-design di lui, senza gli amici di lui e il suo mondo che adesso è diventato il suo salvagente speciale, senza gli oggetti disegnati da lui, tutti che esigono con rabbia la sua attenzione e la vogliono forte. Lei forte non lo vuole più essere, adesso vuole il mare.
La seconda telefonata la farà Paola, l’anello debole della catena, a Federica, la vedova del design. Tra la prima e la seconda telefonata ci sarà una notte, non abbastanza per fare le cose per bene e fermare l’effetto domino.
Dentro il cellulare, acquattato come un ragno peloso, ci sarà un peso enorme, il loro segreto condiviso, anni di luci al neon, corridoi verdi, sale d’aspetto, letti in tubolare, mattine d’inverno, una mano stretta negli occhi che si allontanano, lacrime asciutte.
Il ragno si arrampicherà sulla mano di Paola e si infilerà nel suo orecchio destro per sussurrarle le parole sbagliate. Il Viaggio rimarrà in bilico, sospeso tra lo smog e il mare, la possibilità di essere in due si spezzerà subito, due è il numero sbagliato, due sono ancora loro sotto le luci al neon, troppo presto, troppo grande il ragno.
Contrariamente alla prima, questa telefonata durerà il tempo di un grido, in fondo era solo una vacanza.
Fate thailandesi
di Elena Ghiretti
Questo articolo è stato pubblicato in numeri, numero 24 e ha le etichette Elena Ghiretti. Bookmark the link permanente. I commenti ed i trackbacks sono attualmente chiusi.