Maggio
di Antonio Meli

Martedì notte in un letto che non è il mio, in una stanza che non conosco. Un’altra volta. Arrivato a Bologna oggi in pullman, domenica ho deciso che volevo vederla ma ormai i biglietti del treno Italo alta velocità che collega Roma a Bologna costavano troppo per le mie tasche, quindi ho scelto il pullman ma non mi dispiace cambiare percorso e abitudini. La mia amica Stefania non è a Bologna e la sua stanza in via Mazzini aperta a tutti è già occupata, quindi penso di essere nella merda poi però mi ricordo di Sandrina, una ragazza bolognese che ha fatto un anno e mezzo di liceo giù a Cosenza e che non sento da almeno tre anni, però decido comunque di scriverle e lei mi dice che adesso vive da sola e che quindi può ospitarmi se voglio. Ovviamente accetto senza pensarci su. La noia compare quando scopro che il suo appartamento è in una zona piuttosto ricca di Bologna ma distante oltre mezz’ora con l’autobus dal centro. Ma in ogni modo ho un letto su cui stendermi e un posto dove lasciare la mia roba, quindi arrivo nel primo pomeriggio, saluto Sandrina e ci esibiamo nel ciao come stai?, tutto bene e tu?, com’è andato il viaggio?, stancante, mi do una ripulita ed esco, ok?, come se di tempo tra noi non ne fosse passato nemmeno un po’. Dunque eccomi in strada e sono impaziente e rilassato allo stesso tempo e ci incontriamo a Piazza Maggiore e per il suo compleanno le ho comprato una prima edizione de L’abbandono di Tondelli e lei è contenta e dietro la schiena nascondo una peonia che ho comprato da una fioraia gentile qualche centinaio di metri prima, ma non voglio nessun nastro né composizione, mi dia solo il fiore, mi piace di più così, e a lei dico che l’ho raccolto da qualche parte mentre controlla lo stelo ed è effettivamente reciso come fosse stato strappato da terra e allora sorride e non sa dove metterlo e alla fine lo piazza proprio lì nella scollatura tra le tette e a me piace tanto e allora ci baciamo e camminiamo e come al solito finiamo da qualche pakistano a comprare del vino e la serata va avanti così fino a mezzanotte quando lei deve rientrare in convitto e a me proprio non va di lasciarla andare via e allora prima di arrivare davanti l’ingresso – ché le suore ci spiano, dice lei – ci fermiamo in una stradina abbastanza buia e io la bacio però con passione e lei sembra ricambiare e allora mi arrischio a infilarle una mano nei pantaloni tra le mutandine e lei è bagnata e geme e poi però passa qualcuno e quindi la smettiamo però il mio cuore la mia testa il mio cazzo pulsano e vedo la sua voglia fugace che scappa via di schiena insieme alle sue labbra rosse di sesso e allora si gira e mi manda un bacio e poi torna alla sua vita monacale e io resto per un po’ lì smarrito col cazzo inutilmente duro nei pantaloni e dopo qualche minuto m’incammino senza meta e poi chiamo Sandrina e raggiungimi al Pratello, sono qui con delle amiche, dice lei, e arrivo e credo di avere lo sguardo stravolto per via dell’eccitazione inespressa e c’è questa ragazza abbastanza carina con un’espressione come antica e distante e arrapante e parliamo un po’ seduti a terra in piazza San Francesco confusi in mezzo a tanti ragazzi come noi o forse come loro ché io in realtà non faccio mica parte di questa fauna bolognese e poi io e questa tipa, Chiara, ci alziamo a prendere una birra e per strada incontriamo questa vecchia signora coi tacchi e le calze strappate e i capelli sporchi e tutto il resto un’aria sfatta e sfranta e si tratta di Melania la contessa del Pratello, così mi dice Chiara, che tocca i culi dei ragazzi e li insulta e promette cene aglio&olio alle ragazze e butta giù in gola bustine di zucchero come fosse un atto trasgressivo, da queste parti è quasi una celebrità, noi però passiamo oltre senza farci invischiare in questa faccenda e arriviamo all’Alto tasso e una volta dentro ordiniamo due birre senza però tornare dagli altri, rimaniamo lì e lei sembra quasi impaziente mentre beve e mi scava un buco nel torace coi suoi occhi densi e continua a farmi domande strizzando un po’ l’occhio destro in corrispondenza di ogni punto interrogativo e il mio cazzo è stranamente ancora duro in maniera imbarazzante e allora che ne pensi di Orfeo ed Euridice?, mi chiede, e queste non sono proprio chiacchiere da bar dico io, e lei alza le spalle e dice sì ma tu che ne pensi?, e io dico qualcosa riguardo l’incomunicabilità tra le persone e l’impossibilità di essere veramente vicini e toccarsi e vedersi, e penso a lei da sola nella sua stanza in convitto e si può mai veramente toccare qualcuno?, dico, solo l’arte riesce a racchiudere tutto, a dire qualcosa, a significare davvero qualcosa pur essendo soltanto la proiezione di ciò che non esiste e lei sembra ascoltarmi distrattamente però mi lascia concludere e alla fine butta giù il resto della sua birra e inclinando il viso verso sinistra dice io credo semplicemente che lui avesse voglia di un ultimo pompino e non so perché ma scoppio a ridere versandomi un po’ di birra addosso e lei dice oh vieni andiamo in bagno a darti una ripulita e una volta lì invece mi mette una mano sul cazzo e dice allora lo vuoi questo pompino o no?, e io sono confuso ed eccitato però dico solo ehi ma che cazzo ti prende ed esco fuori dal locale e raggiungo Sandrina e le sue amiche senza voltarmi e una volta lì temo sguardi e domande indiscrete invece nessuno mi dice nulla né mi chiede che fine ha fatto la loro amica e stiamo un po’ lì a chiacchierare sul niente e io non dico più una parola e dopo un po’ vedo Chiara dall’altra parte della piazza limonare con un tipo e sorrido perplesso e sono stanco e si fanno le due allora siamo in macchina e torniamo verso casa in piazzale atleti azzurri d’Italia e mentre Sandrina guida mi parla del suo ragazzo che vive a Berlino e domani lei prende l’aereo e va da lui ed è felice e quindi io penso che dovrò trovarmi un altro posto dove dormire mercoledì ma ormai penso una notte alla volta e intanto lei parla del tirocinio in ospedale e del fatto che in pratica non fa che controllare tutto il giorno la prostata a vecchi sessantenni e allora le chiedo se è vero che la stimolazione della prostata causa un’eiaculazione spontanea e lei dice macché a quei sessantenni non viene mica più duro e io dico be’ io spero di avercelo ancora duro a sessant’anni se no sai che noia, poi penso al mio cazzo moscio nel letto di una Giulia qualsiasi qualche settimana fa e lei intanto mi sta raccontando di questa tipa che ha delle mani magiche e che una volta è riuscita a far drizzare l’uccello di uno che era sotto anestesia totale e chissà come ha fatto e ridiamo entrambi e poi mentre siamo fermi ad un semaforo le chiedo e invece che mi dici di Chiara? E lei non sembra stupita e mi chiede se è successo qualcosa ma conosce già la risposta e allora le faccio un resoconto più o meno sommario dell’episodio nel cesso e lei dice be’ Chiara è fatta così, ha un brutto passato alle spalle e io chiedo quale passato?, e lei dice non dovrei parlartene ma insomma due anni fa Chiara era una persona completamente diversa, non aveva quello sguardo quasi assente e deviato dall’interno, non si comportava in questo modo come se disprezzasse la vita, e insomma mentre guida Sandrina finisce col raccontarmi questa storia davvero triste che più triste forse adesso non si può e io però ci trovo dentro anche qualcosa di perversamente comprensibile e per farla breve una sera Chiara e il suo ragazzo – stavano insieme da diversi anni, precisa Sandrina, e si amavano ed erano felici – ecco quella decisiva sera di due anni fa mentre stavano pomiciando nel parco della Montagnola ed era una serata abbastanza fresca e buia e solitaria ad un certo punto sono sbucati fuori questi due negri che se la sono sbattuta entrambi, mentre uno la violentava l’altro teneva fermo lui e poi si son dati il cambio ancora e ancora finché lacrime non ce n’erano proprio più né forza per gridare e dopo questa triste faccenda lei non è più tornata quella di prima, e come biasimarla, ha lasciato la facoltà di medicina ed è andata via di casa e ha iniziato a drogarsi ed è arrivato il degrado il declino la fine di tutto e si è messa a scopare in giro con chiunque, quasi per esorcizzare quella notte, quasi per punirsi, sentendosi come una puttana profanata dal cazzo di due negri che le hanno fatto male ma che forse le hanno causato anche piacere, sì, piacere, un piacere così folle e perverso e malato e deviato ma che non aveva mai provato prima, e allora non riesce ad accettarlo, non riesce a darsi una giustificazione, e se sono una puttana e l’amore non conta più niente e la mia fica è solo un buco da riempire allora voglio tutti i cazzi del mondo dentro di me, voglio che mi sfondino e mi facciano male e mi soddisfino a tal punto che un giorno non proverò più niente, voglio essere riempita fino a sentirmi vuota, e quando il sesso avrà smesso di significare qualcosa, quando questa mia colpa sarà espiata, quando non ci sarà più spazio per nessun altro cazzo allora potrò tornare dal mio ragazzo e donargli il mio amore, e questo Sandrina non me lo dice mica, no, non usa queste parole né ci si avvicina, ma ho questa scossa dentro le viscere del mio midollo e per un istante posso quasi provare questa sensazione, questa sensazione perversa che immagino dietro una storia semplicemente triste, una storia che adesso sono gli occhi densi di Chiara a raccontarmi, a darle un significato, e che ne è stato di lui?, chiedo poi. Lui pensavo che fosse uno stronzo, dice Sandrina, ma ciò prima che venissi a sapere di questa faccenda. È entrato nella polizia, è diventato un leghista del cazzo, vuole tutti gli immigrati extracomunitari fuori dall’Italia e io gli ho sempre dato del fascista e sai quante volte abbiamo discusso, poi però ho saputo dello stupro e allora be’ non è che abbia cambiato idea o cosa, però lo capisco, ecco, ho smesso di discutere con lui, tutto qui. E io allora penso che dietro le persone ci sono storie che nessuno potrà mai capire pienamente, e penso alla mia ragazza e alla storia che vorrebbe raccontarmi ma che proprio non ce la fa, penso alle volte in cui a letto – nei nostri letti che non hanno una vera stanza e che sono sempre letti altrui in camere altrui o divani logori o sedili della macchina – ecco penso alle volte in cui mi rifiuta, in questi luoghi che non sono nostri e non esistono nella nostra vita reale e però c’appartengono in qualche modo, e lei ha una storia che non mi ha mai raccontato eppure mi ha sempre lasciato degli indizi, e anche se non abbiamo ancora fatto l’amore io non ho intenzione di lasciarla, non ho intenzione di allontanarmi da lei, perché non conosco ma capisco, e penso a Guccini e alla sua piccola storia ignobile, conosci questa canzone?, mi aveva detto una volta, e chissà se due persone che si guardano a lungo potranno mai riuscire a vedersi, penso adesso in questa macchina che Sandrina parcheggia sotto casa, e saliamo al sesto piano e la casa è enorme e vuota, nel frigo non c’è nulla, i genitori di Sandrina sono entrambi dottori ma vivono a Cosenza, sua fratello maggiore invece si è trasferito qualche mese fa quindi posso dormire in camera sua, allora ci diamo la buonanotte e prima di spegnere la luce mi guardo intorno e ci sono diverse fotografie di questo ragazzo che io non ho mai visto eppure adesso mi trovo nella sua intimità, vedo lui da piccolo insieme a sua madre, lo vedo ai tempi del liceo che stringe in mano un pallone da basket e sorride e sembra felice e adesso ha una vita altrove ma i suoi ricordi sono qui sotto i miei occhi, e curioso tra i suoi dischi e tra i suoi libri, lo immagino in piedi qui proprio dove sono io adesso, al centro della stanza, e immagino di guardare coi suoi occhi, immagino di vivere la sua vita e avere i suoi ricordi e i suoi rimpianti e le sue ambizioni e per un attimo mi sento lui, mi sento veramente lui, e infine spengo la luce e mi metto a letto e non riesco a prendere sonno, questo non è il mio letto e non mi trovo nella mia stanza a casa mia, e non sono un’altra persona e sono tante altre persone, sono tante storie e improvvisamente mi sento come fossi un ladro, un impostore, un usurpatore, e con questo pensiero mi addormento in questa notte bolognese a cui non riesco a trovare un senso, e in cui ne trovo tanti, ma mi sfugge ancora quello giusto.

Questo articolo è stato pubblicato in numeri, numero 22 e ha le etichette . Bookmark the link permanente. I commenti ed i trackbacks sono attualmente chiusi.