Sette animali italiani (1992-2016)
di Giovanni Blandino

Aragosta di Carloforte
Nelle sere già afose di luglio gli abitanti di Carloforte consigliano sempre di versare un po’ di succo di limone lungo le tubature delle proprie case, prima di andare a dormire. Chi non compia questo gesto, per scetticismo o dimenticanza, al suo risveglio troverà quasi certamente un’aragosta appollaiata tra il lavello e il frigorifero. Al calare della prima luna, dopo il solstizio d’estate, l’aragosta di Carloforte ha terminato il suo periodo di fertilità ed è quindi pronta a lasciare il mare per risalire le tubature che si ramificano sotto la cittadina. Seguendo il suo istinto naturale s’installa dall’oggi al domani nelle case degli isolani, il che, di per sé, non sarebbe un grosso problema. L’aragosta di Carloforte non mangia, non si muove troppo, non sporca, ha un colore lucente che svecchia i vetusti arredamenti delle cucine dell’isola, non puzza, ma anzi emana una gradevole fragranza alla pesca. Il problema potrebbe ancora essere il suo continuo bisbigliare, ma, diciamo, è così fievole che lo si può udire solo dopo qualche ora, abituandosi al silenzio prolungato. Ma è quando si inizia a intendere la litania del crostaceo che arrivano i guai. L’aragosta infatti bisbiglia un unico pensiero, notte e giorno ripete le sue parole descrivendoci un’idea di quelle semplici e belle. E quando l’idea ha attecchito nel tuo cervello e tu, dannato, chiedi all’animale come avverarla, lei continua a fissarti con quegli occhi vuoti e neri, da roditore più che da aragosta, e sembra dire: perché mi stai parlando?

Aragosta di Carloforte di Daniele Roccaro

Pappagallino della Nostromo
Nel biennio 1992-1993 fu un pappagallino a spingere la goriziana Nostromo sull’orlo del fallimento, tanto che l’azienda fu rilevata dalla multinazionale spagnola Luis Calvo Sanz. Il pappagallo della Nostromo è un uccello di taglia piccola, quasi minuscola, ma per niente dissimile dai suoi parenti di giusta dimensione. Nell’aprile del 1992 iniziarono i primi avvistamenti all’interno di alcune confezioni di Tonno Nostromo. Le scatole in questione, del tutto integre e senza segni di manomissione, ospitavano al loro interno il piccolo pappagallo avvolto in una foglia di lattuga fresca e lavata. All’inizio i consumatori pensarono a una buona trovata pubblicitaria. Poi gli avvistamenti divennero più frequenti e si scatenò una vera e propria mania: i collezionisti andarono a caccia delle confezioni contenenti un esemplare di pappagallino e i bimbi assillavano le mamme affinché queste acquistassero quantità sempre maggiori di Tonno Nostromo. Il fenomeno fu così diffuso che ancora oggi se ne trova spesso menzione in corsi di marketing e pubblicità.
L’avvento del pappagallino sarebbe dovuta essere una gran fortuna per l’azienda. Ma le cose andarono diversamente: il comando provinciale della Guardia di Finanza mise infatti sotto sequestro lo stabilimento Nostromo, non conforme, secondo il prefetto, alle vigenti normative igienico-sanitarie. L’inscatolamento del tonno si spostò prima a Napoli, poi a Marsiglia, ma non ci fu niente da fare: gli avvistamenti del pappagallino non accennarono a diminuire. Improvvisamente le scatolette contenenti l’animale divennero molto rare verso la fine del 1993, ma in pochi se ne accorsero: era autunno e il pappagallo non rappresentava più un fatto così straordinario. Poi sparì completamente.

Pappagallino della Nostromo di Alessandro Ripane

Yök
Lo Yök (codice articolo 002.638.50) è un mammifero artiodattilo appartenente alla famiglia Bovidae e commercializzato da Ikea a partire dal settembre 2012. In tutto simile al suo cugino yak, o bue tibetano, lo Yök può essere montato molto facilmente grazie a semplici istruzioni e ai cacciavitini contenuti nello scatolone. Nelle ventiquattro ore successive all’assemblaggio, lo Yök deve essere lasciato immobile. Questo è infatti il tempo necessario perché il suo pelo assuma una colorazione coordinata al resto dei mobili Ikea presenti nella stanza. Per la famiglia, lo Yök rappresenta un originale mobile da disimpegno in cui riporre comodamente scope, prodotti per la pulizia e accessori vari: materiale che può essere fatto sparire senza problemi tra la sua pelliccia. Per i bambini, lo Yök è uno spassoso compagno in grado di produrre simpatiche pernacchie puzzolenti.
Nonostante le premesse, la storia di questo prodotto è però particolarmente sfortunata. Nella prima versione messa sul mercato, il pezzo corrispondente alla zampa posteriore sinistra risultava più corto del dovuto. Lo Yök assumeva di conseguenza una postura sbilenca, decisamente poco elegante e tutt’altro che pratica nel caso in cui l’animale fosse stato usato, come spesso accadeva, come piano d’appoggio. Una versione aggiornata fece la sua comparsa nei negozi Ikea l’1 febbraio 2013 per poi essere ritirata nuovamente nell’agosto 2014, questa volta in via definitiva. Un difetto congenito di fabbricazione faceva infatti morire gli esemplari di Yök dopo cinque o sei mesi dall’assemblaggio e i vecchi, nelle famiglie, se ne dispiacevano.

Yök di Silke De Vivo

Gazza viola di Fiè
La gazza viola è un uccello tipico di una zona molto circoscritta delle Dolomiti. Nidifica infatti sulle pareti verticali dello Sciliar, quelle che si affacciano verso nord-ovest, e passa lì le ore più calde della giornata. Verso sera gli esemplari maschi adulti scendono al laghetto di Fiè che si trova alle pendici della montagna e si mettono lì in bella vista vicino all’acqua. Il volatile è particolarmente triste e bello: il suo piumaggio è violaceo e tetro e ha dei riflessi che possono variare, a seconda della luce, dal verde a un crespo porpora. Pur essendo solo un uccello, la gazza viola raggiunge vertici di poesia inusitati.
Gli esemplari sostano vicino al lago per circa un’ora compiendo ciclicamente una serie di gesti molto composti. Dapprima gonfiano il loro grande petto e distendono le ali mostrando fino all’ultima piuma. A questo punto ciò che ci si aspetterebbe da un normale uccello è quello di udire il suo canto. In questo particolare caso poi, un canto triste e bellissimo. Purtroppo però, una volta aperto il becco, la gazza viola sembra ripensarci e, richiusolo, espira l’aria dai polmoni senza produrre alcun tipo di suono. Muove poi in obliquo la testa come a dissimulare il suo fallimento imitando la condotta di un buffo uccello.
A Fiè le opinioni sul comportamento di questo animale divergono parecchio. I più anziani dicono che l’uccello sia vittima di un qualche sortilegio delle streghe che di notte frequentano l’altopiano dello Sciliar e ne animano il punto più alto, il Petz, con danze e orge. Secondo questi resoconti, l’animale di natura sarebbe dotato di una voce così toccante che le streghe, invidiose, l’arraffarono, la infilarono dentro uno sacco cucito con tela di ragno e la portarono via con loro. Per questo dalla gazza non esce alcun suono e passa le sue giornate lì, sulla montagna, a cercare la propria voce. Altri sono invece più scettici. Affermano che la gazza abbia in realtà un verso orribile ed è per questo un animale maligno e ipocrita. Un ricercatore dell’Università di Bolzano nel 2012 ha catturato un esemplare dell’uccello e lo ha vivisezionato per studiarne la trachea. La ricerca ha evidenziato che – cito il comunicato stampa dell’Università – «la conformazione della trachea, a livello teorico, permetterebbe all’esemplare di gazza viola di produrre sia un suono armonico quanto disarmonico. Per risolvere questa ambiguità sarebbe necessario studiare il movimento dell’organo mentre l’animale produce il suo verso, occorrenza evidentemente ad oggi impossibile». Lo studio ha scatenato diverse proteste e una denuncia per il ricercatore. Un ornitologo della Facoltà di Biologia dell’Università di Siviglia ha invece suggerito che il comportamento dell’animale non abbia in realtà niente a che fare con la volontà di emettere un suono, ma che sia collegato alla sua digestione.

 Gazza viola di Fiè di Riccardo Torresi

Uccello gargiulo
Vidi per la prima volta un esemplare di quello che è volgarmente chiamato l’uccello gargiulo a Manfredonia, in una torrida estate di metà anni Novanta. Il termometro aveva superato i quaranta gradi e io stavo cercando disperatamente del refrigerio e un po’ di ombra. Li trovai, insieme a qualche tartina e del prosecco, al Palazzo dei Celestini dove era appena iniziata la premiazione di un certo concorso di poesia. L’uccello gargiulo all’epoca era un divertissement colto e bizzarro, utile a smorzare con presunta eleganza l’atmosfera troppo seriosa di alcuni eventi culturali della costa. Ero in seconda fila, non lontano dal ventilatore, e da lì riuscii a osservare l’uccello nei minimi dettagli. Convenni subito che si trattava di una razza del tutto particolare. Attorno al becco, che di per sé era estremamente minuto e quasi inesistente, aveva un rado piumaggio che andava via via a scomparire lasciando ben visibile la pelle rosa dell’animale. Le zampe sembravano come montate al contrario. Più volte mi chiesi come facesse a mantenersi in equilibrio. La cosa doveva essere resa ancora più complicata dalla coda sproporzionata, assai lunga e tanto dura da sembrare quasi ossea. Un aspetto così disarmonico sarebbe risultato forse insopportabile alla platea se non lo si fosse camuffato con un gentile cerchietto di fiori bianchi posto sulla sua fronte. Portando bene in alto il becco e in basso la coda, in una posizione che mi sembrò innaturale e di grande sforzo, l’uccello gargiulo iniziò a espellere un canto soave che puntualmente commosse tutte le signore in sala. Uno scroscio di applausi chiuse la performance.
Durante il buffet che seguì mi ricordo che continuai a parlare con un ornitologo che si era seduto accanto a me durante lo spettacolo. Discorremmo a lungo di etologia e in quell’occasione illustrai il mio progetto di raccogliere le descrizioni delle bestie che popolavano il nostro Paese in una sorta di collezione animale. Lui mi diede informazioni su un paio di casi interessanti e mi consigliò di non fermarmi ai confini italiani. Parlando dei suoi viaggi attorno a Manaus a un certo punto mi guardò fisso e mi riferì di esseri talmente bizzarri la cui apertura anale assomiglia incredibilmente a quello che noi considereremmo certamente il cavo orale dell’animale. Poi sorrise e ingoiò la tartina al salmone.

Uccello gargiulo di G.C. Cuevas

Paguro Solvay
È un paguro di dimensioni straordinarie, ogni esemplare misura precisamente 210 mm dalla punta delle chele al termine della conchiglia. Sprigiona un intenso profumo di limette e menta e, al tatto, la parte grassa dell’addome ricorda vagamente la soffice ruvidezza della sabbia fine. Lo si trova principalmente in tre versioni, tutte realizzate con conchiglie provenienti dai mari del Sud su cui si può leggere la scritta Follow me… incisa in blu (Pantone 286c). I primi avvistamenti si registrarono all’inizio del 2012. Ideato per la campagna pubblicitaria dei villaggi Veratour, il paguro sembrava già crogiolarsi beato nel suo destino: eccitare i sepolti vivi degli uffici insinuando l’idea che fosse sempre possibile mollare tutto e aprire un bar ai Caraibi, o almeno prenotare due settimane ad Antigua usufruendo del 15% di sconto. È ancora un mistero il fatto che, da almeno un paio di anni, una grande concentrazione di questi insoliti animali si raduni tra gli ombrelloni delle spiagge bianche di Rosignano-Solvay, da cui il loro nome comune. Alcuni ricercatori del CNR di Pisa stanno ancora studiando la vicenda, mentre gli abitanti se ne sono fatti subito una ragione trovando un destino migliore per il crostaceo: in zuppa con pomodoro e cipolla, accompagnato da fette di pane fritto.

Paguro Solvay di Stefano Orsetti

Medusa dei Fangoni (o radiomedusa)
L’ombrello superiore di queste meduse è leggermente convesso, quasi piatto, negli esemplari più grandi può arrivare a due metri di diametro, i più piccoli sono di qualche centimetro. Obbligato dalla sua forma, l’animale vive sul pelo dell’acqua e si muove spinto dalle correnti marine, si trova così accidentalmente a convivere in colonie molto popolose che contano anche trecento esemplari. La parte superiore dell’ombrello è costituita da una membrana sottile ed estremamente sensibile. Quando un’onda sonora si infrange sulla radiomedusa la membrana oscilla velocemente, il suono è così trasformato in segnale elettrico e immagazzinato nel corpo dell’animale. Se stimolata con un bastone o da un brusco movimento, la medusa per difesa rilascia in un sol colpo tutto ciò che ha ascoltato e memorizzato. Non è raro quindi avvertire il gracchiare disturbato, simile a quello di una radio, di una medusa alla deriva che sbatacchiata dalle onde sversa nell’aria il suo carico sonoro.
Colonie molto popolose di radiomeduse nel Mediterraneo si trovano in particolare nella zona dei Fangoni, un’area a fondale basso a venti miglia dal litorale marchigiano che si estende per quaranta chilometri a sud del monte Conero. La comparsa di questa specie, nei primi anni Duemila, ha risollevato l’economia della zona, affossata dalla crisi del calzaturiero: la radiomedusa è infatti estremamente remunerativa. Quando il sole inizia ad abbassarsi dietro le colline, dagli scali di Porto Recanati, Civitanova e San Benedetto partono regolarmente pescherecci riadattati carichi di turisti perlopiù inglesi, tedeschi e olandesi. Stare lì al tramonto, a motore spento, e attendere di sentire in lontananza una colonia di radiomeduse è forse l’ultima esperienza rimasta a un romantico del mare. Delle restanti colonie, quelle che non sono preservate a scopo turistico, la maggior parte è invece pescata regolarmente e inscatolata il giorno stesso in tutta la riviera: la radiomedusa è particolarmente ricca di Omega 3.

 Medusa dei Fangoni di Uomini nudi che corrono

Gli illustratori

Daniele Roccaro è nato a Palermo nel 1984. È un designer-artist con all’attivo mostre in giro per l’Europa. Ha studiato Architettura in Spagna e in Italia. Nel 2011 ha lavorato a Vienna come architetto, per poi spostarsi a Berlino dove vive e lavora attualmente anche come illustratore. La sua pagina Facebook è: https://www.facebook.com/roccarodaniele.

Alessandro Ripane è nato a Genova nel 1989. Per tutto il periodo dell’infanzia è stato un esperto di animali feroci e supereroi, conoscenze che si sono rivelate inutili, visto che nella sua amata città natale non è presente nulla di tutto ciò. Molte cose sono cambiate da allora, anche se ogni tanto un Batman fatto male lo disegna ugualmente. Il suo sito è: alessandroripane.com.

Silke De Vivo è un’illustratrice e designer altoatesina. Ha studiato pittura a Bologna, disegno industriale a Venezia e illustrazione a Macerata. Nel corso degli anni è stata selezionata alla Fiera del Libro per ragazzi di Bologna, al CJ Picture Book award in Corea e all’Annual dell’Associazione Illustratori Italiani. Attualmente collabora come illustratrice/designer freelance con varie agenzie di comunicazione e aziende. Il suo sito è: http://silkedevivo.com/.

Riccardo Torresi è un artista, illustratore e video maker di stanza a Berlino. Dal 2009 affianca agli studi in architettura diversi progetti di grafica, illustrazione e fotografia. Ha realizzato video musicali per Godblesscomputers e Copycatclub. Attualmente lavora come media artist ed è assistente e ricercatore alla Berliner Technische Kunsthochschule dove si occupa di interaction design. Il suo sito è: http://riccardotorresi.com/.

G.C. Cuevas è un giovane artista italiano con base a Londra. La sua maggiore fonte di ispirazione arriva dall’arte macabra di Edward Gorey, ma anche dai lavori di Tim Burton, Mark Alan Stamaty, Quentin Blake e Jean Giraud. Le sue illustrazioni si concentrano su ambienti surreali, dove bambini si trovano spesso in situazioni di pericolo, poiché accompagnati da creature bizzarre, misteriose figure mascherate o oggetti sproporzionati e fuori contesto. Il suo sito è: http://gccuevas.tumblr.com.

Stefano Orsetti è nato a Catanzaro nel 1992. Laureato in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Bologna, allo studio delle tecniche artistiche tradizionali affianca da sempre la passione per la narrazione, con immagini o senza. Ha pubblicato Pitoon: Piloti e Cartoon nella Valle dei Segni (ComicOut, 2015). Nel 2016 ha partecipato a una residenza d’artista ad Algeri insieme a due artisti algerini e il progetto finale è stato presentato al F!BDA (Festival International de la Bande Dessinée d’Alger). Attualmente realizza fumetti, vignette e illustrazioni per blog, fanzine e riviste online. La sua pagina Facebook è: https://www.facebook.com/stefanoorsetti92.

Uomini nudi che corrono è un gruppo creativo di Macerata. Ne fanno parte integrante Marco Filicio, Tommy Gun Moretti, Marie Cécile, Nove Dix e Sdolz. Dal 2012 partecipano attivamente ai più importanti festival di editoria indipendente spalla a spalla con gli amici e colleghi del gruppo Ratatà. Hanno da poco pubblicato un libro che non è un libro, una bibbia che non è una bibbia, bensì «una raccolta iconica di divinità» da colorare: Deus Ex Novo, Ora et colora (Uomininudichecorrono Autoproduzioni, 2016). La loro pagina Facebook è: facebook.com/uomininudichecorrono.

Questo articolo è stato pubblicato in numeri, numero 22 e ha le etichette . Bookmark the link permanente. I commenti ed i trackbacks sono attualmente chiusi.